Dagli effetti della Legge 107 (la “Buona Scuola”) passando risvolti sul “mercato” dei 24 cfu per l’accesso all’insegnamento, fino ai provvedimenti del governo nella Legge di Bilancio del 2018.
Sono tanti gli argomenti sui i quali La Tecnica della Scuola interpella Claudia Pratelli, Responsabile nazionale Scuola&Università di Sinistra Italiana, partito politico nato nel 2015 dopo l’unione tra SEL e fuoriusciti dal Partito Democratico.
Le misure previste dal governo nella legge di bilancio sono soddisfacenti?
“Le misure previste nella legge di bilancio per quanto riguarda l’Università sono sostanzialmente offensive. Non vengono accolte le richieste dei docenti – ai quali erano state fatte promesse non mantenute – tanto che il nuovo sistema di scatti stipendiali è previsto solo a partire dal 2020 e ne trasforma la natura rendendoli premiali; di fronte alla gigantesca piaga del precariato – ben oltre 40.000 considerando solo dottorandi, assegnisti e ricercatori precari, senza contare borsisti, collaboratori e docenti a contratto- il Governo mette risorse per 1300 ricercatori; è ancora penalizzato il fondo di finanziamento ordinario degli atenei; il diritto allo studio – che nel nostro paese copre meno del 10% degli studenti a fronte di una media europea di quasi il 30%- continua a non essere garantito con finanziamenti adeguati. Si perpetuano, dunque, le politiche di disinvestimento dell’ultimo decennio, nonostante l’emergenza università sia diventata strutturale”.
Il Partito Democratico ha aperto a possibili modifiche della Buona Scuola. Quali sono i cambiamenti necessari o cosa, invece, si salva?
“La verità è che della legge 107 non si salva l’impianto di fondo. Ce l’hanno raccontata come una riforma epocale e progressista, si tratta invece di un’operazione per molti versi regressiva: un’organizzazione piramidale che mal si addice a una scuola a cui invece occorre la responsabilizzazione di tutti i soggetti; un modello competitivo fatto di classifiche tra le scuole, tra docenti e tra alunni; l’ingresso dell’arbitrio e della precarietà fin dentro il lavoro stabile con l’istituto della chiamata diretta. Con la “cattiva” riforma di Renzi e Giannini la scuola è stata colpita nella sua funzione sociale, rinnegata da un assetto che tende a confermare destini sociali – si pensi per esempio alla riconferma dei voti e perfino dalle bocciature nella scuola primaria o all’assenza di risorse per il diritto allo studio- e che limita la capacità di inclusione, su cui si tentano operazioni di risparmio. Il modo in cui è concepita l’alternanza scuola lavoro, poi, stravolge il senso della necessaria innovazione delle pratiche educative e della preziosa relazione tra scuola e mondo del lavoro, producendo esattamente ciò che ormai da mesi è sotto i nostri occhi e sulle pagine dei giornali: il rischio di percorsi squalificati, poco e per nulla utili o addirittura pericolosi, fino a episodi di vero e proprio sfruttamento e lavoro gratuito”.
Cosa si può fare concretamente per abbattere il precariato nel mondo della scuola?
“Alla vigilia della legge 107, il Governo Renzi aveva promesso di eliminare la “supplentite” e di assorbire il precariato. Non è andata così: quelle promesse, che sono state largamente disattese, servivano, in una logica mercantile, ad avere mano libera su terreni delicati come la libertà d’insegnamento e la democrazia a scuola. Tuttavia il precariato della scuola non è un destino ineluttabile, ma il prodotto di politiche sbagliate e di tagli feroci all’istruzione. Esattamente su questo tema Sinistra italiana ha depositato una proposta di legge che prevede di rendere immediatamente disponibili per l’immissione a tempo indeterminato tutti i posti attualmente coperti con incarico annuale, sia per posto comune che per sostegno, avviando un piano pluriennale di stabilizzazioni; e di introdurre l’organico di potenziamento nella scuola dell’infanzia ancora oggi relegata a Cenerentola dell’Istruzione. Si può fare”.
Cosa pensa sul “mercato” che si sta creando attorno ai 24 cfu per l’accesso all’insegnamento?
“L’acquisizione dei 24 cfu per accedere al concorso FIT sta diventando un vero e proprio mercato in cui atenei, accademie, conservatori, pubblici e privati fanno a gara per accaparrarsi più persone possibili. A nostro avviso sarebbe stato più opportuno inserire gli insegnamenti nei settori richiesti direttamente nell’ambito del percorso di studio per chi non é ancora laureato; ed evitare l’ennesimo sforzo per tutti coloro che hanno deciso di partecipare al concorso ordinario. Tra l’altro nell’ambito dei tre anni del FIT sono previsti corsi specifici sulle suddette discipline. Quantomeno sarebbe stato necessario, come da noi richiesto, rendere gratuita l’acquisizione di tali crediti: non dimentichiamo, infatti, che molti dei soggetti in questione hanno subito nel corso degli anni numerosi esborsi per rincorrere il desiderio insegnare. Inoltre dalle denunce dei sindacati e delle associazioni studentesche emerge, come in tanti atenei, non sia ancora chiaro come avverrà concretamente l’acquisizione e la certificazione dei 24 cfu”.
Sullo sciopero dei docenti universitari, qual è la posizione di Sinistra Italiana?
“La protesta dei docenti universitari ha messo il dito su una piaga del nostro Paese: la scarsissima considerazione della funzione sociale dell’Università e di chi ne è infrastruttura fondamentale: i docenti, i ricercatori, tutti i suoi lavoratori.
Il blocco degli scatti dei docenti – così come il blocco del contratto collettivo nazionale per il personale tecnico amministrativo e quello dei lavoratori della scuola- a differenza di quanto avvenuto con altre categorie, ci consegna in fondo una mortificazione delle istituzione della conoscenza. La verità indicibile, infatti, è che il valore economico riconosciuto ai docenti corrisponde al (mancato) valore politico riconosciuto all’università. Nonostante la vulgata, infatti, i professori universitari italiani a inizio carriera, cioè la maggioranza dato che il numero degli ordinari è drasticamente diminuito nell’ultimo decennio dato il numero di pensionamenti non bilanciati da nuovo reclutamento, retribuzioni ben al di sotto della media europea.
Bene hanno fatto i docenti a esercitare un loro diritto, quello di scioperare, per rivendicare la dignità del loro lavoro. Tuttavia nei nostri atenei i professori non sono gli unici soggetti a essere penalizzati. Ancora più allarmante è la condizione di ricercatori e docenti precari (assegnisti di ricerca, ricercatori a tempo determinato, borsisti, collaboratori, docenti a contratto ecc.) i cui compensi sono talvolta al di sotto della soglia della decenza. A tutti questi si aggiunge poi l’esercito dei (tantissimi) ricercatori che lavorano gratis in attesa di contratti e concorsi che difficilmente arriveranno. Quello universitario è uno dei più feroci esempi di economia della promessa, promessa peraltro drammaticamente disattesa dato che, come dimostrato da un recente studio di Sinistra italiana, circa il 93% degli assegnisti di ricerca degli ultimi 10 anni sono stati a oggi espulsi dall’Università”.
Tre misure da attuare subito per rilanciare il mondo dell’istruzione.
1 – “Combattere la dispersione scolastica. “Non uno di meno” deve essere il monito e l’ispirazione delle politiche sull’istruzione. Significa abbattere gli ostacoli materiali e immateriali che allontanano le ragazze e i ragazzi dall’istruzione. Significa una scuola capace di linguaggi diversi e ostinatamente concentrata sui più deboli, a partire dal garantire la gratuità degli studi dall’asilo all’università. La verità è che la scelta dei percorsi di studi, il conseguimento del diploma e l’accesso all’università sono fortemente condizionati dalle condizioni economiche di partenza. Per questo garantire a tutti un’educazione prescolare gratuita e di qualità, abbattere i (numerosi e onerosi) costi nascosti della scuola – anche quella dell’obbligo in teoria gratuita -, abolire le tasse universitarie raddoppiando gli investimenti nel diritto allo studio, rappresentano misure fondamentali per affermare l’accesso al sapere come diritto di cittadinanza”.
2 – “Mettere fine all’eterna piaga del precariato attraverso un piano pluriennale di stabilizzazioni: si tratta di una priorità assoluta per dare le risposte dovute a decine di migliaia di docenti e lavoratori della scuola che da anni vengono assunti a settembre per essere licenziati a giugno senza poter progettare la propria vita. Si tratta però anche di un’esigenza fondamentale per la qualità della scuola, per le ragazze e i ragazzi che devono poter contare sulla continuità educativa e didattica, per rendere possibili percorsi di contrasto alla dispersione scolastica. Insieme alle assunzioni, inoltre è necessario valorizzare la professionalità di chi lavora nella scuola a partire dalle retribuzioni. La scuola è un’infrastruttura civile fondamentale del nostro paese e i suoi lavoratori ne sono i pilastri: ad una funzione tanto importante deve corrispondere un trattamento economico dignitoso”.
3 – “Estendere l’obbligo scolastico fino al termine della scuola secondaria e anticiparlo almeno a 3 anni. Una società che si basa sulla conoscenza deve in primo luogo prefiggersi l’obiettivo di innalzare i livelli medi di istruzione ed estendere l’accesso ai più alti gradi del sapere. Si tratta di un intervento necessario per ridurre le diseguaglianze, che consentirebbe alla scuola di praticare il dettato dell’articolo 3 della Carta costituzionale. Si tratta anche, tuttavia, di un interesse collettivo che ha a che fare con le prospettive e la traiettoria di sviluppo (economico, sociale e civile) del paese dato che, come mostrano numerosi studi economici, i benefici dell’istruzione non ricadono solo su chi effettua l’investimento ma si ripercuotono sulla società nel suo complesso a causa del loro impatto sulle finanze pubbliche (aumentano le entrate e riducono la spesa sociale), sulle prospettive di crescita, sulla criminalità, sulla partecipazione politica e anche sugli atteggiamenti verso minoranze e immigrati”.
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