In una classe di 19 bambini e bambine uno solo è italiano: succede a Prato, dove alle primarie Mascagni e Borgonuovo, in zona San Paolo, quartiere ad altissima densità cinese, la scuola rispecchia la composizione del quartiere, per cui è quasi impossibile avere classi con percentuali diverse da quelle attuali.
In quest’area della Toscana, infatti, nelle classi si parlano tante lingue e spesso molto meno l’italiano. A Prato è del 35% la percentuale di alunni stranieri dietro ai banchi, la più alta in Italia, con tanto di deroga al tetto del 30 per cento di stranieri per sezione fissato dalla circolare Gelmini nel 2010.
Il riferimento normativo, la circolare ministeriale del 2010, introdotta dall’ex ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, limita la presenza di alunni stranieri al 30% per classe, ma l’articolo 34 della Costituzione garantisce il diritto all’istruzione per chiunque.
Tuttavia, ne sono testimonianza i numerosi pareri soprattutto di genitori, non solo a Prato, si sta facendo strada l’idea di rivedere la circolare ministeriale. E anche secondo molti dirigenti l’inclusione scolastica di alunni cosiddetti stranieri in Italia mostra un aumento, con le classi multietniche che raggiungono il 20%. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito, ci sono quasi 889.000 studenti stranieri nelle scuole italiane nell’anno scolastico attuale, con la maggioranza di 814.500 nelle scuole statali e 74.500 nelle scuole paritarie. Secondo gli ultimi dati del Portale Unico della Scuola https://dati.istruzione.it/espscu/index.html?area=anagStu, considerando il complesso delle scuole di ogni ordine e grado, gli studenti con cittadinanza non italiana sono il 10,3%.
L’argomento è stato portato nella sede di una commissione comunale di Prato e sollevato dalla consigliera di Fratelli d’Italia Patrizia Ovattoni, considerando la segnalazione di alcuni genitori, che ha detto in quell’occasione In alcune scuole pratesi ci sono classi formate da un solo alunno italiano che si trova a dover interagire esclusivamente con bimbi non italofoni, per cui ha aggiunto, in un quadro del genere, anche per gli insegnanti diventa un problema garantire un certo livello di didattica, perlomeno inizialmente.
Secondo la dirigente della scuola, Emanuela Antonella Lucirino, la presenza di un solo bambino italiano in una classe con 19 cinesi non rappresenta un problema se gli studenti stranieri parlano la lingua italiana. Nella scuola primaria, come in tutto il territorio pratese da decenni interessato alla migrazione soprattutto di cittadine e cittadini provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese, sono in atto da tempo azioni di supporto a docenti e studenti e studentesse in giovanissima età per agevolare la comunicazione e la didattica.
Nelle scuole pratesi vi è una ricca platea di bambini e bambine: molti di origine straniera sono nati in Italia e non hanno difficoltà con la lingua, altri si iscrivono a metà anno. Il vero problema a livello didattico sono i cosiddetti NAI, nuovi arrivati in Italia, per cui quando arrivano alla fine dell’anno scolastico della primaria o in età da scuola secondaria di secondo grado, spesso i corsi di alfabetizzazione, nelle scuole pratesi, sono già terminati. Inoltre, è frequente che le famiglie cinesi non mandino i bambini e le bambine al nido e alla scuola dell’infanzia. E ancora, come sottolineato da Mario Battiato, dirigente del Comprensivo Gandhi di Galciana e coordinatore dei presidi pratesi, bisogna riflettere su come garantire agli stessi italiani i processi di socializzazione nella lingua italiana. Serve un numero minimo di italiani per classe, altrimenti diventa un’esclusione al contrario.
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