Innanzitutto è bene ricordare il caso in questione: “Le signore Raffaella Mascolo, Fortuna Russo, Carla Napolitano e altre persone sono state assunte in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi mediante contratti di lavoro a tempo determinato successivi. Hanno lavorato per i loro rispettivi datori di lavoro per periodi differenti, stante che non sono mai state assunte per meno di 45 mesi in 5 anni. Ritenendo illegittimi tali contratti, la sig.ra Mascolo e le altre persone hanno adito il giudice chiedendo la riqualificazione dei contratti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, la loro immissione in ruolo, il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi d’interruzione tra i contratti e, in subordine, il risarcimento del danno subito.”
Da qui la domanda di carattere generale che più interessa i precari italiani: “La Corte costituzionale e il Tribunale di Napoli chiedono alla Corte di giustizia se la normativa italiana sia compatibile con l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato”
L’analisi di Szpunar risulta molto chiara: “Per sostituire il personale docente nel settore della scuola pubblica, la normativa italiana prevede un sistema che si basa su graduatorie in cui i docenti supplenti sono iscritti in ordine di anzianità. Essi possono essere immessi in ruolo in funzione dei posti disponibili e della loro progressione in tali graduatorie. Le procedure di concorso per l’assunzione di personale in ruolo nel settore della scuola pubblica sono però state sospese tra il 1999 e il 2011. Per i supplenti assunti con contratti a tempo determinato, il sistema non prevede né la durata massima dei contratti né il numero massimo di rinnovi.”
L’avvocato generale Maciej Szpunar ricorda innanzitutto che “l’accordo quadro prevede disposizioni di tutela minima volte a garantire la stabilità dell’occupazione e a evitare la precarizzazione dei lavoratori dipendentie che pertanto, i contratti a tempo determinato nel settore dell’insegnamento pubblico rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro.”
L’accordo quadro prevede peraltro norme generali per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, i quali possono essere giustificabili solo da circostanze precise e concrete che caratterizzano una determinata attività o sia diretta a sostituire altri dipendenti che si trovano momentaneamente nell’impossibilità di svolgere le loro funzioni (dipendenti in congedo di malattia o di maternità, in congedo parentale, ecc.
L’Italia, invece, sembra voler fare di testa sua: “Il rinnovo di contratti a tempo determinato non è giustificato quando è finalizzato a soddisfare esigenze a carattere permanente e durevole.” Inoltre “la normativa italiana non prevede né il numero di contratti successivi che possono essere stipulati né la loro durata massima7. Osserva che è formulata in maniera generale e astratta, senza un legame tangibile né con il contenuto specifico né con le concrete condizioni di esercizio dell’attività. Inoltre, non consente di fissare criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare l’esistenza di un’esigenza di sostituzione temporanea reale. Infine, non pone limiti né alla stipulazione né al rinnovo dei contratti con personale supplente in sostituzione del personale temporaneamente assente”
Un altro elemento che depone contro la posizione dell’Italia nell’uso spregiudicato dei precari è il mancato bando per anni dei concorsi ordinari: “Sebbene l’assunzione di personale supplente sia in via di principio temporanea, il fatto che non sia stato fissato alcun termine preciso per l’espletamento dei concorsi per l’assunzione di personale di ruolo genera un’incertezza totale; in pratica, l’assenza di concorsi pubblici per oltre dieci anni dimostra che i contratti a tempo determinato sono stati utilizzati per rispondere ad esigenze permanenti e durevoli.”
E non basta la giustificazione addotta dal governo italiano “di una flessibilità molto alta (dovuta allo stretto rapporto tra l’esigenza di trovare supplenti e la variazione ciclica e imprevedibile della popolazione scolastica) e ragioni di ordine finanziario.”, in quanto “le restrizioni finanziarie nel settore scolastico non giustificano il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato. I contratti a tempo determinato possono essere giustificati soltanto dalla particolare natura delle mansioni da svolgere o dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale (come la tutela della gravidanza e della maternità o la conciliazione degli obblighi professionali e familiari.”
In conclusione, ed è questo il punto più importante della riflessione dell’avvocato generale, “ la normativa italiana non presenta misure sufficienti né a prevenire né a sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato e che tale privazione di tutela dei lavoratori nel settore scolastico sia contraria all’accordo quadro.”
Resta fermo che le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito
Del legale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa.
La sentenza sarà dunque pronunciata in una data successiva. Ma è già un gran passo avanti sulla via della possibile soluzione della annosa questione del giurassico precariato della scuola italiana. Assumere i precari, ce lo chiede l’Europa. Come rispondiamo?
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