Essere assunti nella scuola attraverso le aule dei tribunali non è possibile: lo prevede il Contratto collettivo nazionale di comparto e di recente anche una disposizione del Decreto Sviluppo, approvato definitivamente lo scorso 7 luglio, che all’art. 9 prevede "che i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario (Ata), in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, né consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della immissione in ruolo". La disposizione sembrava così mettere freno alle non proprio rare sentenze che, forti delle indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia Europea, negli ultimi anni avevano dato ragione ai precari di lungo corso: le ultime in questa direzione, rimbalzate su tutti i giornali, erano state emesse prima dal Tribunale del Lavoro di Siena – che nell’ottobre del 2010 dispose l’assunzione in ruolo di un’insegnante, che da sei anni svolgeva supplenze annuali consecutivamente – e poi lo scorso aprile di Genova, che aveva dato ragione a 15 precari, assistiti da legali della Uil, con tanto di oneroso risarcimento danni, circa 30.000 euro ciascuno, oltre al diritto agli scatti di carriera.
Il Governo, conscio delle diverse decine di migliaia di supplenti in questa situazione, era così corso ai ripari. Ora, però, veniamo a conoscenza che due precari di Andria, in provincia di Bari, il primo insegnante con 9 anni di supplenze, e l’altro amministrativo, con 11, si sono visti trasformare dal giudice del lavoro di Trani il loro contratto a tempo in definitivo: inoltre riceveranno, come indennizzo, una sorta di liquidazione anticipata, visto che percepiranno una mensilità per ogni anno di precariato svolto. Alla base della sentenza vi sarebbe l’uso abusivo, da parte dello Stato, dei contratti di lavoro precario.