Precari, i sindacati chiedono di assumerne subito 65.000
Ormai la vertenza dei precari della scuola è diventata un caso nazionale, di cui si occupano non più solo le associazioni e le organizzazioni di categoria. Nelle ultime settimane sono scesi in campo diversi parlamentari bipartisan, una sessantina hanno scritto anche al ministro Gelmini chiedendo un provvedimento legislativo che passi attraverso i due rami del Parlamento. Il 3 maggio è stata la volta dei vertici dei sindacati: attraverso una conferenza stampa a cui hanno partecipato, tra gli altri, i segretari generali di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, oltre ai segretari generali di categoria di Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals, Confsal e Gilda, quindi Francesco Scrima, Massimo Di Menna, Marco Paolo Nigi e Rino Di Meglio.
Come annunciato alcuni giorni fa, attraverso il documento congiunto “Stabilizzare il lavoro – Investire sulla scuola”, i sindacalisti hanno chiesto un’apertura immediata di un tavolo con il Governo per stabilizzare 65.000 precari della scuola, suddivisi tra 30.000 docenti e 35.000 unità di personale Ata. La quota complessiva è stata definita tenendo conto degli attuali posti vacanti in organico di diritto, i tagli previsti dal Governo ed i pensionamenti a settembre.
L’obiettivo, se si verificasse questa assunzione, hanno sottolineato i leader sindacali “non è soltanto quello di risolvere migliaia di situazioni personali difficili ma anche quello di dare stabilità alla scuola pubblica”. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha anche evidenziato che l’assunzione dei 65.000 non comporta “alcun aggravio ulteriore per la spesa pubblica”.
Secondo Bonanni e Angeletti è necessario arrivare “in tempi brevi, entro l’estate, a definire l’immissione in ruolo di questi 65mila precari, che sono i posti che risultano vacanti e disponibili, in modo tale che il prossimo 1° settembre, all’apertura del nuovo anno scolastico, gli stessi possano rientrare con un contratto a tempo indeterminato”. Il messaggio, insomma, è stato lanciato. E viale Trastevere lo ha già fatto suo. A decidere sarà, però, il Mef, attraverso un’analisi dei conti e delle spese sostenibili per lo Stato. L’assunzione in ruolo, infatti, anche se sul momento non comporta oneri, nel volgere di alcuni anni innesca uscite dovute ad aumenti automatici e ricostruzioni di carriera.
Nel corso della conferenza i sindacati hanno anche annunciato che il 18 giugno, a Roma, si svolgerà una manifestazione per sollecitare la riforma fiscale: “una mobilitazione – hanno sottolineato – sia per sollevare il tema della riforma fiscale, sia per chiedere misure forti e immediate anche sulla crescita”. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha sottolineato che è stato scelto il sabato per la manifestazione perché “finché c’è crisi la linea è quella di non fare scioperi”. Quindi è evidente che con il Governo proseguirà, pur tra alti e bassi, la linea del dialogo.
Chi si avvia scioperare è, invece, la Cgil, confermando che per il momento il riavvicinamento a Cisl e Uil (auspicato dal leader Susanna Camusso) è solo a livello dialettico: “lo sciopero generale del 6 maggio – ha detto il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo – sarà la risposta necessaria ad un Governo che considera l’istruzione pubblica un lusso riservato a pochi e il lavoro semplicemente una merce”. Tra le tante rivendicazioni dei lavoratori della conoscenza c’è quella relativa alle sentenze favorevoli ai precari – stabilizzazione e indennizzi – ma che ora il Governo starebbe aggirando attraverso l’ennesimo atto legislativo: “non permetteremo che venga aggirata la normativa europea e venga cancellato, per i soli lavoratori della scuola, il limite del triennio come vincolo delle stabilizzazioni dei contratti di lavoro a termine. Se si persegue questa strada, si intende stabilire il principio, in aperta violazione del diritto comunitario, che nella scuola si potrà rimanere a vita precari”.