E’ notizia di questi giorni il parere reso dal Comitato europeo dei diritti socialinel reclamo presentato dal sindacato Anief nei confronti dello Stato italiano, in relazione alla situazione del precariato scolastico dopo la legge 107/2015, ossia dopo l’esecuzione del piano di stabilizzazione riservato esclusivamente agli insegnanti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento.
Abbiamo sentito l’avv. Walter Miceli per avere qualche dettaglio in più.
Partendo dalle conclusioni del parere, il Comitato europeo dei diritti sociali, all’unanimità, ha concluso nel ritenere che “vi è violazione dell’articolo 1§2 della Carta Sociale Europea nei confronti del personale della pubblica istruzione non iscritto negli elenchi GaE e assunto con contratti successivi per una durata complessiva superiore a 36 mesi”.
E’ stato quindi detto, a chiare lettere, che lo Stato italiano ha violato l’impegno assunto con tutti gli altri Stati membri dell’Unione europea a “tutelare in modo efficace il diritto del lavoratore di guadagnarsi la vita con un lavoro liberamente intrapreso”.
Con il suo reclamo, ci spiega l’Avv. Miceli, Anief aveva sostenuto che la legislazione e la giurisprudenza italiane non proteggono adeguatamente il personale dell’istruzione pubblica dagli abusi derivanti dal successivo rinnovo dei loro contratti a termine, nella misura in cui tali contratti non possono essere convertiti in contratti a tempo indeterminato al termine di una certa anzianità di servizio, diversamente da ciò che accade nel settore privato.
E’ stato inoltre sostenuto, che i precari non inseriti nelle GaE non dovevano essere esclusi dal piano straordinario di assunzioni di cui alla legge 107/2015; la platea dei docenti destinatari del piano di stabilizzazione, infatti, è stata selezionata in base a un requisito – la mera iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento – per un verso non rivelatore di maggior merito e, per altro verso, non sintomatico dell’abuso dei contratti a termine; nelle graduatorie ad esaurimento, infatti, vi erano anche docenti che non avevano mai lavorato alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione.
Il Comitato europeo ha tuttavia preso atto delle misure adottate dall’Italia volte a ridurre progressivamente il numero dei contratti a termine nella scuola, evidenziando però che, per i precari non inseriti in Gae “il rapporto di lavoro si considera interrotto, e anche quando lo stesso lavoratore viene assunto anno dopo anno nella stessa posizione, i contratti successivi non possono essere automaticamente presi in considerazione, sia ai fini della fissazione dei limiti al numero dei contratti e alla loro durata complessiva, sia ai fini dell’adeguamento del livello salariale all’anzianità di servizio cumulativa maturata attraverso contratti successivi con interruzioni.
Di conseguenza, in pratica non si applicano limiti al numero di contratti o alla loro durata complessiva e non esistono altre misure per impedire un ricorso indebito a questo tipo di contratti. 91. Per le stesse ragioni, vale a dire il fatto che il ricorso a contratti successivi con interruzione non è considerato fonte di abuso, indipendentemente dal numero di contratti e dalla loro durata complessiva, non è disponibile alcun rimedio effettivo, compreso il diritto al risarcimento poiché spetta al lavoratore interessato provare che il ricorso a contratti a tempo determinato non era giustificato ogni volta da esigenze eccezionali e temporanee. 97.
Inoltre, il Comitato rileva dalla relazione della Corte dei conti che a febbraio 2019, ovvero quasi due anni dopo l’introduzione di questa denuncia e dopo i concorsi di assunzione tenuti nel 2016 e nel 2018, il ricorso ai contratti a tempo determinato per il personale dell’istruzione pubblica non è diminuito”.
Per spiegare il senso di tale importante decisione, prosegue l’Avv. Miceli, occorre fare un passo indietro e ricordare che Corte di Giustizia Ue, con la sentenza Mascolo del 2014, aveva evidenziato la violazione del nostro ordinamento giuridico in materia di reclutamento del personale docente rispetto alla normativa comunitaria sul lavoro a tempo determinato.
Il presupposto giuridico per la stabilizzazione dei periodi di servizio a termine, da cui hanno preso le mosse i giudizi culminati con la sentenza Mascolo, non era legato all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, ma alla reiterazione di contratti a termine per soddisfare il fabbisogno ordinario del MIUR.
Ecco perché il piano di stabilizzazione, riservato esclusivamente agli insegnanti inseriti nelle GaE, non è riuscito a sanare la frattura aperta nell’ordinamento giuridico italiano dopo la sentenza “Mascolo” in tema di abuso del precariato scolastico.
Né migliore sorte, quanto ad efficacia sanante dell’abuso, ha avuto il concorso straordinario selettivo riservato ai precari con 36 mesi di servizio.
Infatti, dopo l’abrogazione del limite dei 36 mesi per la stipula dei contratti a termine, la Commissione Europea ha aperto una nuova procedura d’infrazione contro l’Italia per la mancanza di misure di prevenzione e di sanzione dell’abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato nel comparto scolastico.
A questo punto abbiamo chiesto quale misura di prevenzione dell’abuso, secondo la Corte di Giustizia Europea, potrebbe salvare lo Stato italiano dal risarcimento del danno derivante dalla reiterazione dei contratti a termine.
Per l’Avv. Miceli la risposta è semplice.
Solo la progressiva stabilizzazione attraverso l’operare di meccanismi non selettivi, ma automatici; in altre parole, lo scorrimento di una graduatoria per titoli e servizi.
La soluzione, quindi, anche a parere della stessa Corte di Giustizia europea in una recente sentenza del 2019, sarebbe una “Immissione in ruolo non incerta, non imprevedibile, non aleatoria”.
A questo punto vedremo quale sarà la reazione dello Stato italiano di fronte a questi chiarissimi segnali provenienti dall’Europa.
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