A tre settimane dalla partenza del nuovo anno scolastico le tante decine di migliaia di precari della scuola continuano a vivere nell’incertezza. Come potrebbero, d’altra parte, dormire sonni tranquilli? Manca ancora la circolare del Miur che annualmente definisce il corretto avvio dell’a.s. e omogeneità nel conferimento degli incarichi; le graduatorie definitive sono state pubblicate ma su di loro pende sempre la spada di Damocle del Consiglio di Stato che si deve esprimere sui migliaia di ricorsi al Tar fatti dai docenti rimasti in coda e non inseriti ‘a pettine’; i contratti di ‘disponibilità’, infine, a lungo promessi ai precari annuali che rimarranno disoccupati, devono ancora essere definiti e comunque manca il sostegno economico di almeno due terzi delle regioni.
Inevitabile, vista la situazione, che i sindacati minaccino mobilitazioni e ricorsi. Significativa una recente dichiarazione del leader della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo: “col nuovo anno ci sarà una forte mobilitazione, con scioperi forse, ma anche con occupazioni simboliche delle scuole. L’autunno non sarà una stagione tranquilla, ma non per responsabilità nostre”. Ed è molto probabile che tutto ciò avvenga.
È improbabile, infatti, che nel volgere di pochi giorni possano essere risolte tutte le questioni in corso. A livello di Usp nei prossimi giorni tutte le energie saranno concentrate sulle immissione in ruolo di 8.000 docenti ed altrettanti Ata. Poi, a cavallo di agosto e settembre, si procederà alle supplenze. Mancano però ancora le regole. Siamo fermi alla circolare del 7 maggio scorso con cui il Miur spiegava come “la rinuncia a una proposta di assunzione o l’ assenza alla convocazione comportano la perdita della possibilità di conseguire supplenze sulla base delle graduatorie ad esaurimento per il medesimo insegnamento e per il medesimo anno scolastico nella sola provincia interessata, mentre non comportano conseguenze nelle altre province”.
Si tratta di indicazioni utili agli aspiranti al ruolo. Ma gli oltre 100.000 docenti supplenti annuali e almeno 60.000 Ata come si comporteranno? Cosa rischierà, ad esempio, chi rifiuta uno spezzone? E sarà possibile, invece, accettare una supplenza annuale dopo averne già firmata una analoga in un’altra delle province (fino a quattro) in cui si è inseriti? E, ancora, continuerà a valere la norma che permette di lasciare supplenza al 30 giugno per una al 31 agosto? I dubbi sono innumerevoli: come si deve comportare un pluri-abilitato (ad esempio alla primaria dove il maestro può anche essere di sostegno o specializzato in inglese) di fronte a più proposte? Le decisioni prese da viale Trastevere era stata fatte vedere ai sindacati durante gli incontri di luglio, ma poi della bozza si sono perse le tracce.
C’è poi la questione delle graduatorie: sui 15.000 ricorsi contro le ‘code’ il Consiglio di Stato, cui si è rivolto il Miur dopo la sentenza del Tar del Lazio favorevole ai ricorrenti, si esprimerà entro metà settembre. Quando i ruoli e la grande maggioranza delle supplenze annuali saranno state già assegnate. È chiaro, quindi, che se venisse confermata la sentenza di primo grado sarebbe un vero caos.
Per evitarlo il Governo avrebbe già pronta la soluzione d’emergenza: un Decreto legge che renderebbe attuabili le nomine svolte dagli Usp. “L’ipotesi di un Decreto Legge ad hoc, per la stessa ragione per cui è stata ventilata da diversi mesi e non ancora concretizzata, – sostiene però Marcello Pacifico, presidente Anief il sindacato che difende la maggior parte dei ricorsisti – non avrebbe i requisiti della necessità e dell’urgenza e porterebbe a un conflitto tra i poteri dello Stato ledendo diritti costituzionalmente garantiti, a tal punto da essere difficilmente approvata dal Parlamento e facilmente censurabile nei tribunali”.
I ricorsisti sono già sul piede di guerra: durante le nomine, ritenute “illegittime”, si recheranno davanti agli Usp per manifestare il loro dissenso e annunciando di scendere in piazza.
Ancora tutto aperto rimane, infine, il discorso dei contratti di “disponibilità” per i 16-18.000 precari storici che rimarranno senza contratto: di certo c’è solo l’accordo Miur-Inps. Molte Regioni, invece, nicchiano. Il rischio è di vedere realizzati contratti con emolumenti diversificati in base alla sensibilità e disponibilità finanziaria dei governatori. La prossima settimana, il 26 agosto, i sindacati saranno di nuovo al Miur. Ma se questi sono i presupposti i margini di una soluzione positiva e soprattutto uniforme sembrano davvero pochi.