Continua la battaglia contro il licenziamento delle educatrici precarie dei nidi e degli insegnanti delle scuole dell’infanzia comunali.
Dopo che una rappresentanza è salita, lo scorso 8 marzo, sulle delle impalcature, in piazza Madonna di Loreto a Roma, in questi giorni gli stessi supplenti hanno predisposto una petizione on line, rivolta al premier Renzi e ai ministri Madia e Giannini, “a sostegno dei servizi pubblici per l’infanzia gestiti dagli enti locali e la valorizzazione del personale del settore scolastico ed educativo”.
Il nodo è legato al fatto, si legge nella sottoscrizione telematica voluta dal coordinamento contro la precarietà, che le “strutture nuove si cedono al privato anziché aprirle con proprio personale”.
Nella petizione si legge anche che “è importante firmare perchè, se non vi sarà un provvedimento urgente da parte del governo, le educatrici dei nidi e le insegnanti delle scuole dell’infanzia gestiti dai comuni, il 30 giugno 2016 saranno licenziate definitivamente”.
Ma se così fosse, per educatrici e maestre comunali (quasi 1.500 solo nella capitale, molte delle quali precarie storiche con oltre dieci anni di supplenze alle spalle) si tratterebbe di una vera beffa, perché per loro scatterebbe l’espulsione dal lavoro “dopo aver coperto i vuoti di organico dei servizi ed averli fatti funzionare per oltre 15 anni: il loro licenziamento – spiegano ancora i promotori dell’iniziativa – significherà che, da settembre, migliaia di famiglie in più raggiungeranno la soglia di povertà”.
Con effetti negativi anche sul servizio, perché, sostengono ancora, “i nidi e le scuole non saranno più in grado di funzionare e tanto meno potranno esprimere la qualità educativa necessaria ai bambini delle nostre città”.
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Il caso, ricordiamo, era esploso la scorsa estate, quando l’uscita dei nuovi bandi per lo svolgimento delle supplenze nei nidi e nelle scuole dell’infanzia del comune di Roma aveva introdotto il “divieto di partecipazione ad educatrici e insegnanti che lavorano da anni in condizioni di precariato per sopperire alle gravi carenze organiche”.
I sindacati, a partire da quelli di base, hanno immediatamente alzato la voce, sostenendo che una procedura del genere non terrebbe conto delle indicazioni provenienti dalla curia europea (che si è espressa con la sentenza del 26 novembre 2014) sull’assunzione obbligatoria dei precari con oltre 36 mesi di servizio che hanno operato su posti vacanti.
E ora, con la petizione on line, si chiede di “fornire strumenti economici alle autorità locali per potenziare l’offerta di servizi pubblici per l’infanzia e valorizzare il proprio personale, anche attraverso l’uso delle risorse europee”. In modo da “consentire alle amministrazioni locali di dar corso a piani di stabilizzazione del precariato, in analogia alla scuola statale”.
L’attuazione dello stop delle supplenze del personale supplente comunale, tuttavia, rappresenta una sorta di anticamera anche per il personale precario statale (docenti e Ata): la Legge 107/2015, con il comma 131, ha previsto che “a decorrere dal 1 settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati, con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi”. Presto, quindi, il problema si sposterà nelle scuole pubbliche.
Chi volesse aderire alla petizione per sostenere la causa dei supplenti comunali che rischiano di perdere il posto, può cliccare qui.
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