Se lo dice anche il Consiglio di Stato possiamo esserne sicuri: un docente o un Ata precario non di ruolo possono continuare ad accettare contratti di supplenza fino al compimento del 70esimo anno di età. La pronuncia è arrivata in questi giorni, con la decisione n. 764/2011, attraverso la quale si sottolinea che “è proprio il trattamento “deteriore, – spiegano i giudici – sotto vari altri profili dello status degli insegnanti non di ruolo, in quanto caratterizzato dalla discontinuità e dalla instabilità del rapporto, che si riverberano anche nel relativo trattamento pensionistico, a far apparire non irragionevole che il legislatore abbia ritenuto, nel disciplinare lo stato giuridico del personale insegnante di ruolo di ruolo di non abrogare una disposizioni riequilibratrice che prevede per quello non di ruolo un più elevato limite d’età per il trattenimento in servizio”.
La decisione conferma quanto già detto dal Tar del Lazio, che aveva accolto il ricorso di una docente che aveva chiesto il reinserimento nella graduatoria provinciale di Roma dopo che lo stesso Usp l’aveva esclusa a seguito del compimento del suo 65esimo anno di età: il Miur, nel difendere la decisione del suo ufficio periferico, aveva sostenuto che la normativa vigente sulla pensione di vecchiaia del personale della scuola, contenuta nell’art. 1, comma 1, decreto n. 351/1998, sarebbe valsa anche per il personale non di ruolo. Il Consiglio di Stato ha però respinto l’appello, confermando quanto già detto dal Tar, facendo distinzione tra lavoratori di ruolo e non di ruolo.
Secondo l’avvocato Alberto Carluccio, che ha sostenuto diverse cause in difesa del personale scolastico over 65, la decisione del Consiglio di Stato “conferma integralmente il contenuto della Sentenza del TAR del Lazio n. 7346/2005 stabilendo la permanente vigenza dell’art. 24 della legge 160/55. Tale norma, infatti, prevede che l’insegnante non di ruolo permane in servizio fino all’anno scolastico in cui compie i settant’anni d’età. Non si applicano, quindi, le regole del c.d. collocamento a riposo d’ufficio perché esse vanno intese applicabili al solo personale di ruolo. Il limite di età di 70 anni ai sensi della legge del 1955 non è stato, dunque, abrogato dall’art. 109 del D.P.R. 31 maggio 1974 n. 417 né, tantomeno dal testo unico in materia di istruzione”.
L’espressione del Consiglio di Stato tende quindi a salvaguardare lo status, per definizione poco garantito, dei lavoratori precari: il loro rapporto di lavoro, infatti, è assoggettato a discontinuità e a mancate garanzie sul futuro lavorativo. Penalizzarli ulteriormente, equiparandoli a chi è di ruolo, sarebbe stato poco equo.
Intanto, rumors ministeriali indicano in aprile il mese più probabile che darà il via all’aggiornamento biennale delle graduatorie ad esaurimento: indiscrezioni indicano anche la possibilità di un paio di trasferimenti a “pettine”. Alla luce delle ultime sentenze, che hanno dato ragione alle diverse migliaia di ricorrenti, fare diversamente (insistere con lo spostamento in “coda” per tutti coloro che chiedono trasferimento) esporrebbe del resto il Miur ad altre estenuanti battaglie legali.