Chi governa la scuola ha un debito nei confronti dei docenti precari non abilitati: dal 2008, anno di chiusura delle Ssis, sono stati organizzati appena due corsi abilitanti, uno dei requisiti che permette di avvicinarsi alla professione con continuità e di accedere ai pubblici concorsi, oltre che di specializzarsi nel sostegno.
Secondo il senatore Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura al Senato e responsabile Istruzione della Lega, la mancanza di corsi di abilitazione sarebbe una delle cause che ha portato all’attuale vero e proprio boom di precariato: a fronte di centinaia di migliaia di precari che hanno svolto supplenze, solo 26 mila hanno avuto la possibilità di abilitarsi all’insegnamento. Certamente, una parte è stata assunta in ruolo tramite concorso o le GaE, ma la stragrande maggioranza è rimasta al palo.
“Chi non è abilitato – sostiene Pittoni – , sovente è vittima di un sistema che, nei 12 anni dalla chiusura delle SSIS, ha attivato solo due percorsi ordinari per conseguire la abilitazione: ogni corso ha accolto 13.000 partecipanti. Per la scuola secondaria, se si considera che vanno in pensione non meno di 12.000 docenti l’anno, ci sono 10 annualità di turn over dimenticate dai corsi ordinari”.
Il senatore vicino a Matteo Salvini torna anche a spiegare i motivi del rammarico per la mancata attivazione del concorso per soli titoli e servizi, senza prove scritte: una modalità che sarebbe stata ampiamente giustificata sia dall’altissimo numero di cattedre “scoperte” (più delle 187 mila del 2019), sia dall’emergenza Coronavirus.
“Nelle graduatorie del maxi piano di stabilizzazione da noi proposto per avere a settembre tutti gli insegnanti al loro posto – continua Pittoni – , si entra per merito. Tutti hanno conseguito la vecchia e valida laurea quadriennale (o titolo equivalente) o una quinquennale a ciclo unico o la nuova triennale seguita dalla magistrale, raccogliendo 300 crediti formativi universitari oltre a discutere (nel 3+2) due tesi di laurea. Occorrono inoltre tre anni di servizio nella scuola statale e quindi il merito che si richiede per l’accesso al pubblico impiego è stato già dimostrato”.
Il senatore della Lega ribadisce il concetto aggiungendo che “tali docenti sono stati per almeno tre anni educatori e formatori dei nostri ragazzi, li hanno valutati spesso determinandone l’avvenire scolastico, li hanno vagliati e, se non sono stati all’altezza, sono stati sanzionati al pari dei colleghi di ruolo”.
Una parte “di loro sono abilitati, il che significa che dopo il percorso formativo accademico, è stata valutata anche la loro formazione professionale teorica”.
In sintesi, secondo i fautori delle selezioni per titoli, tra cui figura l’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, la meritocrazia indicata dal M5S come requisito fondamentale per accedere in ruolo come insegnante nella scuola pubblica sarebbe comunque garantita.
Come è garantito che non si sta facendo nulla per ridurre il numero di cattedre di fatto. Sempre Pittoni ha tenuto a dire che “da una parte il ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, afferma che “l’amministrazione scolastica lavorerà affinché fin dal primo giorno possano esserci tutti gli insegnanti” per il sostegno degli studenti con disabilità. Dall’altra – continua il senatore – , lo stesso ministro stoppa il nostro emendamento al decreto Scuola, che prevedeva la conversione di 50.000 cattedre di sostegno da organico di fatto in diritto”.
Ma cosa chiedono i precari non abilitati, relegati in terza fascia d’Istituto? La risposta è in uno striscione esposto in piazza del Carmine a Cagliari l’ultimo giorno di scuola, in occasione dello sciopero distanza proclamato dai sindacati maggiori: c’era scritto “Stabilizzati, no esodati: terza fascia in ruolo”.
La richiesta, quindi, è quella di essere assunti a tempo indeterminato con procedura per titoli e servizi, con corso abilitante nell’anno di prova e verifica finale: una eventualità che per i non abilitati non ha precedenti, almeno negli ultimi 26 anni, ma che sarebbe ampiamente giustificata dall’eccezionalità del periodo legato al Covid e all’eccesso di supplenze.
Una rivendicazione legata, tra l’altro, a stretto giro con la piattaforma di richieste dei sindacati che hanno organizzato la manifestazione, durante la quale è stato intonato “Chi non salta è Azzolina”.
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