Precari religione cattolica, la parola passa alla Corte di Giustizia europea
Il Tribunale di Napoli, con l’ordinanza del 13.02.2019, ha rimesso la materia all’attenzione della Corte di Giustizia europea, con un’articolata ricostruzione della normativa generale interna di tutela dei docenti di religione richiamando, a proposito, anche la giurisprudenza delle Corti italiane e quella della stessa Corte di Giustizia. Al centro dell’attenzione il destino dei circa 15 mila precari di religione cattolica.
Il ricorso
A portare avanti la battaglia con un ricorso è la FGU/Snadir, che rende nota l’ordinanza del Tribunale partenopeo.
Quest’ultimo, si è richiamato al principio di non discriminazione, con riferimento ai motivi religiosi, secondo l’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione: secondo il Giudice rimettente, lo “status” giuridico degli insegnanti di religione, ai sensi dell’art. 309 del d.lgs. nr.297/1994, è penalizzante, posto a confronto con quello degli altri docenti, per cui il rapporto di lavoro dei docenti di religione si configura come assolutamente precario, anche con riferimento alle previsioni normative interne e contrattuali.
L’ordinanza punta il dito anche contro la legge 107/2015, che avrebbe pregiudicato i soli docenti di religione in quanto sono stati gli unici a rimare esclusi dalle procedure straordinarie concorsuali e dallo scorrimento delle Graduatorie ad esaurimento, invece previste per tutte le altre categorie di docenti.
Inoltre, l’ordinanza ha richiamato la recente sentenza Sciotto, C-331/2017, della CGUE, la quale ha stabilito la possibilità di sanzionare, automaticamente, con la conversione del contratto a tempo indeterminato, il ricorso ad una successione di contratti a termine, qualora non sussista altra misura effettiva di tutela nell’ordinamento giuridico interno.
Ma, si legge nell’ordinanza, la sentenza della Corte di Costituzionale nr.248/2018, ha ribadito il divieto assoluto di conversione dei contratti a termine, in caso del superamento dei 36 mesi di precariato, per cui, di fronte a tale contrasto della Alte corti, il Giudice del Tribunale di Napoli, ai sensi dell’art. 267 del Trattato dell’Unione, ha chiesto che la Corte di Giustizia europea si pronunci nel merito.
In particolare, i giudici italiani chiedono di verificare se si possa configurare una forma di discriminazione nei confronti degli insegnanti di religione tale da averli, fino ad oggi, esclusi da ogni procedura straordinaria di reclutamento, attuata invece in favore degli altri docenti.
Pertanto, se dovesse configurarsi tale discriminazione, si chiede poi se il giudice “può adoperare per eliminarne le conseguenze, tenuto conto che tutti i docenti diversi dagli insegnanti di religione cattolica sono stati destinatari del piano straordinario di assunzioni di cui alla l. 107/15, ottenendo la immissione in ruolo con conseguente contratto di lavoro a tempo indeterminato, e, dunque, se questo giudice debba costituire un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la Amministrazione convenuta”.
Orazio Ruscica, segretario nazionale dello Snadir, sigla facente parte della Federazione Gilda Unams che ha presentato il ricorso, afferma: “Il fatto che, per iniziativa del Tribunale di Napoli, il tema del precariato degli insegnanti di religione venga portato all’attenzione della Corte di Giustizia europea deve sollecitare le forze politiche a trovare, in tempi brevi, una soluzione che dia attuazione al definitivo superamento della condizione di precarietà cronica dei docenti di religione. Ci auguriamo che quanto proposto e reso noto con diversi documenti comuni dallo FGU/Snadir, assieme a Flc Cgil, Cisl scuola e Uil scuola, sia presto accolto dal Governo e si realizzi una procedura semplificata per l’assunzione in ruolo dei 15 mila precari che insegnano religione”.
Il concorso riservato è lontano per adesso
Ma il concorso riservato semplificato sembra lontano per adesso: infatti, come riportato in precedenza, il Vice Ministro Lorenzo Fioramonti, rispondendo ad una interrogazione posta dall’ex sottosegretario al Miur Toccafondi ha spiegato che: “L’immissione in ruolo dei docenti di religione non può, a legislazione vigente, che avvenire attraverso un nuovo concorso ordinario, che, attraverso una quota riservata, possa piuttosto valorizzare l‘idoneità conseguita e, in aggiunta, riconoscere il servizio prestato”.
Il vice di Marco Bussetti ha aggiunto che gli “uffici del Ministero stanno vagliando la possibilità di arrivare ad una soluzione che necessita, comunque, la condivisione con tutte le amministrazioni coinvolte, in primo luogo il Ministero dell’economia e delle finanze relativamente ai profili finanziari e il Ministero per la pubblica amministrazione sulle modalità di espletamento della procedura concorsuale, nonché l’ascolto degli altri soggetti istituzionali interessati, tra cui la CEI e le organizzazioni sindacali”.