I lettori ci scrivono

Precari storici di religione, invisibili e figli di un Dio minore

Onorevole Ministro Bianchi,
desidero esprimere anzitutto grande apprezzamento per lo sforzo, ennesimo da inizio pandemia, che il suo Ufficio sta esprimendo in vista del nuovo anno scolastico, soprattutto in riferimento all’articolato piano di regolarizzazione e nuove assunzioni del personale docente, come ben riportato da un articolo del Sole24Ore dell’altro giorno: il completamento delle procedure concorsuali ordinarie, la soluzione “light” pensata per le discipline STEM, lo scorrimento delle graduatorie GPS di prima e seconda fascia. A queste soluzioni, poi, grazie agli emendamenti proposti al “DL – Sostegni bis” si aggiungerà anche la possibilità di indire concorsi straordinari per assorbire la quota di “precari storici” che, ahimè ancora troppo alta, caratterizza i professionisti del mondo della scuola e che, per meriti acquisiti sul campo, chiede legittimamente di vedere regolarizzata la propria posizione.

In tutto questo, quasi “figli di un Dio minore” (e non temo di suonare blasfemo per qualcuno), mancano provvedimenti, altrettanto intelligenti e degni di un paese civile, per i precari storici che insegnano Religione Cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado: è una lacuna inaccettabile e indecorosa, non solo per questa categoria di professionisti del mondo della scuola, ma lo è anche per questo grande Repubblica che i nostri padri costituenti hanno voluto “fondata sul lavoro”. La scuola educa in modo esplicito e implicito, attraverso ciò che fa e dice, ma, e lo sappiamo bene noi docenti, anche quando “non fa” e “non dice”.

L’invisibilità è una piaga del mondo del lavoro che colpisce non solo immigrati irregolari, operai sottopagati, cassintegrarti alla vigilia di ferragosto, emarginati delle periferie, riders che dipendono da un algoritmo, etc: gli invisibili rischiano, di fatto e per scelte ideologiche, di abitare anche la Scuola. Vogliamo ripartire davvero dopo tutto questo trambusto pandemico? Ciascuno provi a fare la sua parte, dando un “volto” a questi “invisibili”, cioè restituendo dignità a ciascuno di loro; cominciando col riconoscere il valore sociale prodotto da “tutti” i precari storici del mondo scuola, senza eccezioni e senza distinzioni, compreso i docenti di Religione.

E’ stata firmata l’intesa per un concorso ordinario a loro riservato: benissimo! E’ dalla L. 186 del 2003 che non si celebra un concorso per esami e titoli dedicato ai docenti di Religione, occasione a cui io stesso ho potuto partecipare e che mi ha consentito di ottenere l’agognato “ruolo”, con i benefici annessi al contratto a tempo indeterminato. La serenità contrattuale, infatti, mi ha consentito anche di crescere professionalmente, tant’è che da alcuni anni sono collaboratore del Dirigente Scolastico del polo liceale in cui insegno; grazie al DS e, dunque, grazie alla scuola, credo di aver acquisito quelle competenze cosiddette di “middle management” essenziali oggi in una scuola in continua trasformazione e al passo con i tempi.

Come me, però, dal 2003 altre migliaia di colleghi di religione hanno continuato a dare il meglio e il massimo del loro impegno e della loro professionalità anche in assenza di un contratto a tempo indeterminato; in alcuni casi, in spirito di costruttiva collaborazione, hanno concretamente contribuito a tenere a galla la scuola in questo grave contesto pandemico. Stranamente, però, loro continuano ad essere “invisibili” e, stando le attuali disposizioni, neppure dopo anni di insegnamento si vuole riconoscere la possibilità di emergere ed essere riconosciuti, se non per concorso ordinario.

Onorevole ministro Bianchi, tra le fatiche del prossimo anno scolastico non disdegni di curare anche questa: attivare il suo ufficio e chi di dovere perché si concretizzi la possibilità di un concorso straordinario e riservato anche per docenti di Religione Cattolica che, alle loro spalle, hanno un lungo precariato. Ne va della dignità di questi lavoratori, ne va della dignità della Scuola, ne va della nostra stessa Costituzione: la più bella degli italiani (ha detto qualcuno).

Antonio Colagrande

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