Vorrei condividere con Voi il clima di incertezza legato ai professori precari storici di terza fascia, nella speranza di mettere in risalto ciò che si sta profilando per tale categoria: un futuro prossimo, spaventoso e inverosimile.
Dalla bozza dedicata al sistema di reclutamento del personale docente filtrata pochi giorni fà sui social, (non sappiamo da chi) e bollinata dalla Ragioneria di Stato, si evince un fatto evidente quanto preoccupante: la scomparsa di un percorso riservato ai precari storici della terza fascia, cioè, di coloro che hanno maturato una esperienza in istituti scolastici per un minimo di 180 giorni per tre annualità.
In qualità di precario storico ed elettore dell’attuale governo, dapprima, ho pensato alla classica fake news, immaginando che fosse impossibile l’abolizione di un percorso fit a noi riservato, per tante ragioni; gli anni di esperienza nelle scuole, un concorso riservato, annunciato e redatto dal precedente governo, e guardando anche al recente passato, un primo ciclo di PAS, tenutosi nell’arco del 2014.
Poi, ho ricordato che l’ultimo tfa che il Miur ha indetto, risale a metà anno del 2014..2014 ormai 5 ANNI FA(a conti fatti, non avendo neanche la fortuna di parteciparvi, poichè chi non ancora laureato o chi distratto da altre problematiche legate al mondo del lavoro).
Tutto ciò che potevamo fare,dal 2014 in poi, è stato attendere, aspettare fiduciosi, adeguarci a tutto pur di lavorare nel mondo della scuola, adeguarci a prese di servizio in luoghi a 800 e passa km da casa, adeguarci ad orari disordinati poiché ultimi arrivati, sacrificare amori e relazioni interpersonali, mossi dalla pura e semplice passione per l’insegnamento (e non dall’ideale del “quo vado”, come taluni rappresentanti del Miur millantano dai profili social), tappabuchi agli occhi di molti..in attesa del nostro concorso..del nostro percorso di stabilizzazione.
Impossibile, quindi, mi son detto tra me e me.
Invece è tutto vero..e abbiamo raccolto cosa?
Un incubo.
Ci siamo svegliati nel presente più sinistro che si possa immaginare, di colpo, catapultati in una realtà assurda, come in un romanzo distopico partorito da una mente astorica, ma soprattutto inconsapevole..inconsapevole del danno che potrebbe causare a migliaia di famiglie e docenti annessi.
Mi spiego meglio.
Se nel recente passato, (nonostante la continua instabilità dei governi), vi è stato un barlume di buon senso, cioè il considerare come CATEGORIA SPECIFICA l’insegnante precario storico, facendolo abilitare con un “percorso abilitante speciale”, perché si vuole abolire l’ aggettivo “storico” sostituendolo con niente?
Domando.
Se prima dell’attuale Governo il precario storico era visto, a ragion veduta, come una categoria distinta e differente da “questo o quello”, (frutto di esperienza maturata sul campo), perché, ora, si tratta tale schiera di insegnanti come dei Signor Nessuno a cui va relegato il 10% dei posti riservati, (che per alcune classi di concorso iper sature equivale ad una vera e propria presa in giro) di un concorso lotteria?
Ma soprattutto, perché abolire il concorso a noi riservato nel percorso FIT?
Chi sta facendo la guerra a chi, si ricordi di migliaia di lavoratori a pieno titolo che potrebbero pagarne le conseguenze.
Inoltre, qualcuno sa rispondermi perché nel recente transitorio, promosso dall’attuale governo ( un concorso non selettivo), ha potuto parteciparvi anche chi ha acquisito il titolo abilitante all’estero, senza mai varcare la soglia di una scuola pubblica?
Un transitorio per benestanti anche..come se non bastasse aggiungere altro sale nel caffè.
Nel romanzo dai toni agghiaccianti, non poteva che mancare la fortuna casuale del ricco e le miserie umane degli umili.
Ma parliamo di abbandono.
Alcune forme di abbandono, sono la più alta forma di indifferenza che si possa tributare ad un individuo o ad una specifica categoria di individui.
Nel romanzo dantesco dall’autore sconosciuto,(nel quale nessun precario storico vorrebbe farvi parte), sarebbe utile far passare per aspecifico e inesistente qualcosa che fino al giorno prima avesse un peso, una giusta considerazione, una tutela giuridica oltrechè una dimensione “reale” nella società ivi rappresentata, così, giusto per creare suspence.
Pertanto, lo scrittore del romanzo, fiero della sua cinica intuizione, stravolge il passato lavorativo del precario storico, (del tempo, risorse spese per costruirlo e chi se ne frega?), assegnando il 10 % del suo valore al presente, per proiettare nel futuro, il restante 90% e gettarlo in un buco nero.. nel vuoto colmato con “niente”, se non con la deriva delle speranze.
Eppure, in quel “niente”, vi è un microcosmo fatto di sogni, valigie nei corridoi, case nelle valigie, attese di un treno per una partenza, e di arrivi nel luogo di servizio, e di ritorni a casa, se si ritorna, a casa.
In questo “niente”, ci sono persone che non hanno “giocato” a fare i professori, ci sono state queste persone, lì, nelle aule di classi affollate e chiassose, nei corridoi e nei presidi scolastici, a prestare la loro opera, ottenendo ottimi risultati.
Sarebbe utile, quindi, recuperare quel po’ di memoria storica, giusto per non creare danni o drammi.
Il ministro Fedeli aveva riconosciuto il valore dell’esperienza programmando – almeno – un concorso riservato ai precari con servizio, e non il 90 per cento di niente.
Un governo attuale che si dipingeva vicino alle famiglie, che tutelava i precari e la loro “dignità”, si appresta a cestinare i circa 200 mila precari che negli anni hanno permesso il regolare svolgimento delle lezioni.
Francisco Goya nel disegno (della serie I Capricci) de “Il sonno della ragione genera mostri” afferma, in un manoscritto autografato sul significato dell’opera, «La fantasia priva della ragione genera impossibili mostri: unita alla ragione è madre delle arti e origine di meraviglie».
Noi che il sonno lo stiamo già perdendo, per la fantasia e il capriccio di qualcuno, manifestandosi poco ragionevole, stiamo paventando il profilarsi di POSSIBILI MOSTRI.
Chi non vuole che questo romanzo finisca con la scomparsa dei precari storici, ci dia una mano a tenere aperto il dibattito politico riguardo a tale situazione incresciosa, e faccia tornare un po’ di sano buon senso allo scrittore dell’opera.
Zeno Cosini
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