Tutta la cosiddetta riforma della scuola ruoterebbe su due spinose questioni: la presenza dei precari e il collasso di molti uffici scolastici, soprattutto al Sud.
Se la ministra dell’istruzione, Stefania Giannini, asserisce di risolvere i problemi dell’istruzione italiana assumendo i precari che così coprirebbero tutte le cattedre, assicurando il regolare inizio del nuovo anno, per Anief non sarebbe esattamente così.
Infatti, sostiene il sindacato, nell’anno scolastico appena concluso sono state assegnate oltre 118mila supplenze annuali (di cui 103.767 al 30 giugno) per cui con le 102mila assunzione previste ne rimarrebbero comunque fuori più di 16mila. A questi numeri andrebbero aggiunti almeno altri 20mila posti createsi coi pensionamenti, per cui in totale ci sarebbero quasi 40mila cattedre che rimarranno scoperte.
Poi, secondo il comma 69 della riforma, sostiene Anief, è stato introdotto un corposo organico virtuale, non ritenuto valido per le immissioni in ruolo, ma che invece andava annoverato nell’organico di diritto. Questo singolare aspetto determinerebbe l’obbligo di affidare la sottoscrizione dei relativi contratti a tempo determinato, sino al 30 giugno, ancora una volta proprio ai presidi.
In più, ed è notizia che sta facendo scalpore dopo alcune lettere ai giornali da parte del personale degli ex provveditorati, al collasso sarebbero molti uffici scolastici del Sud Italia. Al Centro-Nord invece alcuni ex provveditorati agli studi hanno già pubblicato i calendari di convocazione per espletare le fasi per le assunzioni degli insegnanti primi nelle graduatorie e per rendere pubbliche tutte le istruzioni operative per le immissioni in ruolo.
Nel Sud dunque gli uffici scolastici sarebbero costretti ad arrancare per via della cronica mancanza di personale e soprattutto per la fatiscenza di strutture e attrezzature.
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