Precariato e Corte di Giustizia europea, interviene anche l’Anief
L’approfondimento sull’attesa per la sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla stabilizzazione del personale precario della scuola, svolto dalla nostra testata giornalistica, e il vivace dibattito che ne è seguito, non poteva lasciare impassibili i sindacati.
In particolare l’organizzazione che ha fatto della difesa, in tribunale, dei diritti dei precari il proprio cavallo di battaglia. Stiamo parlando dell’Anief, che alla vigilia del CdM che, attraverso le proposte del ministro della Funzione Pubblica Gianpiero D’Alia, dovrebbe approvare il provvedimento sulla Pubblica Amministrazione, ha mandato un avvertimento al Governo. Partendo dall’assunto che la cancellazione di mezzo milione di posti della PA in dieci anni non ha prodotto alcun risparmio, poiché il debito pubblico è continuato a crescere insieme ai costi della politica e del decentramento amministrativo, il leader del sindacato autonomo, Marcello Pacifico, ricorda che proprio “mentre si attende entro l’anno la sentenza della Corte di giustizia europea sulla reiterata e deliberata violazione da parte dello Stato italiano della direttiva comunitaria 1999/70/CE relativa alla stabilizzazione dei supplenti della scuola dopo tre anni di supplenze e al principio di non discriminazione tra personale assunto a tempo determinato, fermo allo stipendio iniziale, e personale di ruolo, il Governo sembra voler correre ai ripari per evitare la stabilizzazione dei precari della P.A. con dei concorsi riservati. La soluzione – continua il presidente Anief, che è anche segretario organizzativo Confedir – è inaccettabile e incostituzionale laddove nel nostro ordinamento siamo obbligati a recepire la normativa comunitaria. Inoltre non inibirà le domande risarcitorie relative al periodo di precariato pregresso o al pagamento degli scatti biennali di anzianità”.
Secondo Pacifico appare addirittura “patetico il tentativo di tagliare nuovi posti di lavoro sotto la scusa di una semplificazione che dopo l’approvazione della Legge Bassanini ha soltanto accresciuto i costi della spesa pubblica a causa di una moltiplicazione dei costi legata soprattutto alla politica”. Il riferimento è alle allarmanti stime sulla spesa pubblica, rese pubbliche nelle ultime ore: secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, dal 1997 la spesa pubblica, al netto degli interessi sul debito, è aumentata infatti del 68,7%. In termini assoluti è cresciuta di quasi 296 miliardi: alla fine di quest’anno le uscite, sempre al netto degli interessi, ammonteranno così a 726,6 miliardi. In linea generale, lo studio afferma che la spesa pubblica, al netto degli interessi, ha viaggiato a una velocità superiore a quella registrata dalle entrate fiscali, anche se a livello locale la tassazione ha subito una vera e propria impennata.
E nella scuola? Non va meglio: nel comparto, conclude Pacifico, “sono stati cancellati negli ultimi sei anni 200.000 posti tra docenti e ata, 4.000 presidenze e scuole autonome. Cui prodest? Non certo ai servizi resi ai cittadini. In assenza di risposte adeguate, pertanto, continueremo a ricorrere alla magistratura per ottenere giustizia”. Come dire: passa il tempo, passano i governi, ma la musica non cambia.