Paolo Fasce e Luca Mazzara sono due docenti di scuola secondaria che hanno partecipato alla prova preselettiva del concorso per dirigenti scolastici; forti della loro esperienza hanno condotto una analisi molto accurata della prova tentando anche di fornire qualche suggerimento su come migliorarla in futuro.
L’analisi è contenuta in un ampio articolo pubblicato nella rivista on line educazioneaperta.it e si apre con una puntuale disamina di tipo statistico, utile anche a soddisfare non poche curiosità particolari (tra l’altro gli autori sottolineano che la probabilità di azzeccare casualmente tutte le 100 risposte esatte può essere espressa con una frazione con numeratore 6 e denominatore un 1 seguito da una sessantina di zeri; come dire che vincere al Superenalotto è enormemente più probabile).
L’intervento passa in rassegna i più evidenti punti critici della prova, a partire dalla eccessiva mnemonicità dei quesiti.
Ma cosa si intende per quesiti mnemonici ?
“Tutto dipende dalle conoscenze pregresse” spiegano Fasce e Mazzara che aggiungono: “Ovviamente chi non ha tali conoscenze sottolineerà che la prova preselettiva era mnemonica”.
Ma è anche vero, ammettono gli autori, che “laddove si chiedeva se una certa affermazione fosse contenuta nel comma 64, 65, 66 o 67 della tale legge, si trattava di quesito mnemonico per tutti”.
Si può migliorare la procedura di selezione?
La risposta è articolata.
“Si potrebbe abolire tout court la preselettiva – scrivono gli autori – delegando alla prova scritta computer based il compito di selezionare. Occorrerebbe naturalmente una specializzazione nella correzione dei quesiti (commissioni che correggono solo il quesito 1, commissioni per il quesito 2, etc.) e una griglia di valutazione articolata secondo indicatori stringenti, tali da rendere omogenea la valutazione”.
E per la lingua straniera potrebbe essere sufficiente richiedere ai concorrenti una certificazione di competenze linguistiche B2: questa procedura “avrebbe la conseguenza di contenere vistosamente il numero di partecipanti”.
Ma la strada maestra dovrebbe essere un’altra.
Innanzitutto quella di indire “concorsi regolari con cadenza biennale o triennale (il precedente, rispetto a quello corrente, era di sette anni fa)”.
E c’è anche un’altra possibilità che si basa su un dato empirico: molti docenti partecipano al concorso perché lo vedono come l’unica possibilità di “carriera”; ecco perché una soluzione ragionevole potrebbe essere proprio quella di “introdurre le carriere degli insegnanti che diano prospettiva di avanzamento anche nella professione e non solo fuori dalla professione”.
“Gli insegnanti che avanzano in una carriera – osservano gli autori – saranno meno interessati alle altre opzioni, tra queste, quella di diventare Dirigente Scolastico”.
Paolo Fasce e Luca Mazzara sembrano insomma voler dire che alla prova preselettiva, alle condizioni date e nel contesto attuale, non ci sono molte alternative ma che sarebbe opportuno e necessario riformare profondamente l’intero modello organizzativo della scuola in modo da risolvere alla radice le modalità di reclutamento dei dirigenti scolastici.
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