“Quello che noi sappiamo del presepe”, composizione della natività cristiana che il Governo Meloni vorrebbe imporre nelle scuole, “è frutto della tradizione, ma molte delle cose che diamo per scontate non sono scritte nei testi canonici della Bibbia. Del bue e dell’asinello non c’è menzione da nessuna parte, li inseriamo perché rappresentano due marcatori storici”. A sostenerlo Emmanuele Macaluso, saggista, divulgatore e autore del libro ‘Viaggio nel Presepe – 1223-2023: 800 anni di presepe da Greccio a oggi‘, pubblicato da D’Idee.
Secondo l’esperto, il bue e l’asinello vanno considerati elementi ‘postumi’ della Natività, non menzionati dalla Bibbia. Così come non è dato sapere se il Bambin Gesù abbia visto la luce in una capanna, in una grotta o in una stalla.
Basterebbe pensare che il primo presepe arrivò 1.123 anni più tardi dopo la nascita di Cristo: fu San Francesco d’Assisi, di ritorno da Roma e dopo aver visitato la Terra Santa, a realizzarlo a Greccio, in provincia di Rieti.
All’Adnkronos, Macaluso ha detto che gli animali sono presenti nella capanna del presepe per contestualizzare storicamente la nascita di Gesù: “il bue rappresenta l’Impero romano che con la sua forza sottometteva l’asinello, che invece rappresenta il popolo ebraico, vessato dalle tasse dei Romani“.
Bue e asinello, sottolinea Macaluso, comunque erano “già presenti in alcuni sarcofagi dei primi secoli dopo Cristo”.
Nel 1.223, San Francesco li fece diventare due personaggi chiave del presepe vivente, che li rappresentò come animali veri.
Il presepe, ha aggiunto il saggista, muta però faccia a seconda del territorio, con la presenza di elementi folkloristici locali: “Il presepe – sottolinea Macaluso – è una forma artistica nella quale si raffigura qualcosa di straordinario e tutti noi quando c’è un evento straordinario vogliamo farne parte. Per questo sono stati inseriti elementi in qualche modo riconducibili alla nostra cultura”.
“A Napoli – racconta – ci sono presepi con le colonne neoclassiche e le rovine, con Pulcinella e altri elementi tipici della cultura partenopea. In Trentino Alto Adige ci sono personaggi vestiti da austriaci, mentre nel presepe piemontese sembra di vedere delle vecchie cascine ottocentesche”.
Il presepe, inoltre, non ha solo un valore religioso, ma anche artistico e culturale. Tradizione tutta italiana, poi esportata all’estero, era “un elemento presente in quasi tutte le corti europee. I re se lo regalavano a vicenda ed era diventato il simbolo del ‘Made in Italy’ del tempo”.
Che futuro avrà questa tradizione ottocentenaria? “La tendenza è che pian pianino andrà a scomparire, perché le tradizioni esistono finché qualcuno chiede a chi viene dopo di lui di rinnovarle. I giovani oggi sono meno attratti dal presepe. Forse gli basta un’immagine come schermo del telefono” cellulare.
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