Da ragazzo non avrei mai creduto che certi film con la Fenech o la Cassini potessero assumere un giorno i tratti drammatici dei trial movie. I tempi cambiano, i contesti pure. Dovunque ti licenziano se sparli troppo del tuo datore di lavoro e della tua ditta, ma la tua vita privata almeno resta tale. A scuola invece puoi passare il tuo tempo a sparlare pubblicamente del ministro, dell’amministrazione, delle riforme e della scarsa retribuzione, ed è tutta libertà d’espressione, ma guai a fare sesso con la persona sbagliata. Un minorenne riluttante, forse? No, un baldo diciannovenne consenzientissimo. Solo che tu sei la preside, dunque asessuata per missione.
Senza contare che l’educazione civica a scuola c’è, ma funziona al contrario. Qui c’è poena sine lege, in dubio si è contra reo, l’onus probandi è del sospetto, che pure tenetur se ipsum accusare. Anche violazione della privacy, diffamazione, divulgazione di telefonate, porn revenge e gogna mediatica valgono tutti alla rovescia. La colpa è di chi viene sputtanata. Il ministero ha addirittura del personale ispettivo pagato per praticare il voyeurismo.
Il colpevole comunque ce l’abbiamo, si tratta ora soltanto di formulare l’accusa. Dapprima si evoca “il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, che prescrive di non assumere nessun comportamento che possa nuocere all’immagine dell’amministrazione”, conta cioè quel che fai a letto. Poi si ipotizza che “potrebbe aver abusato della propria posizione per intimidire il ragazzo convincendolo a non lasciarla”, anche se non è chiaro come, visto che non può neppure valutarlo. Piuttosto potrebbe essere stato lui a volerla ricattare. Infine si sentenzia che, “a parti invertite, fosse stato un preside maschio, sarebbe già stato condannato come sporcaccione”. Più probabilmente sarebbe stato acclamato come tombeur de filles di mezza età. È la cougar a turbare i benpensanti.
Altrove leggo pure che “Sarà l’ispezione del ministero a chiarire le cose”. Quali cose ce lo diranno gli ispettori. “Ma quello che invece emerge è la violazione di quei codici che dovrebbero essere alla base di una comunità scolastica”. Codici non scritti, naturalmente, non codici ma in vigore. L’importante sarebbero “i ruoli saltati”, e pure il “ruolo” è alla fine quel che fai a letto. A scuola ad esempio la preside non fa le pulizie, c’è il bidello per quello. Soprattutto la preside non può farsi il bidello (così, certo, cambiamo genere, e né Wertmüller né Melato ci sono più, purtroppo). Tuttavia non basta ancora: “se anche le accuse contro la preside non fossero reali, il discorso non cambia”. Fiat iustitia! Da notare che né i ciarlieri sindacati della scuola né l’autorevole Associazione nazionale presidi si sono fatti sentire, caso più unico che raro nel nostro paese corporativo.
Il finale? Gli ispettori ministeriali troveranno un paio di virgole fuori posto (tanto questo è il loro lavoro), così potranno far saltare la preside in prova e disporne l’esilio in qualche eremo remoto.
Andrea Atzeni
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