Ci sono importanti aggiornamenti sul caso di Daniela Lo Verde, la dirigente scolastica dell’Istituto Giovanni Falcone di Palermo premiata per il suo impegno contro la mafia di Palermo arrestata, ai domiciliari, lo scorso 21 aprile per peculato e corruzione, all’interno di un’indagine che ha fatto emergere alcuni dettagli davvero inquietanti relativi alla gestione della scuola.
Come riporta Ansa, oggi, 12 maggio, il tribunale del Riesame di Palermo ha confermato gli arresti domiciliari per la preside della scuola dello zen. Si tratta di una decisione arrivata in tempi record, a poche ore dalla discussione delle parti, che accoglie l’istanza della Procura Europea e rigetta la richiesta di revoca della misura avanzata dai legali dei due indagati.
Secondo quanto riporta Il Giornale di Sicilia, inoltre, sono emersi ulteriori aspetti di cui la dirigente dovà rispondere. Questa avrebbe nominato la figlia responsabile del trattamento dei dati personali della scuola e avrebbe fatto iscrivere falsamente all’istituto Falcone dello Zen una parente disabile e la figlia del suo vice – che in realtà non avrebbero mai frequentato – per aumentare il numero degli studenti e avere più finanziamenti.
Nel frattempo la docente che ha denunciato quello che è sembrato essere un collaudato modus operandi della preside, almeno così dicono le intercettazioni, che non lavora più nell’istituto, è stata presa di mira da ignoti: la donna è stata minacciata per strada, da un uomo con il volto coperto a bordo di un monopattino, che le si è affiancato improvvisamente.
Dopo la notizia dell’esecuzione della misura cautelare a carico della Lo Verde e del suo vice sono molti gli insegnanti che si sono fatti avanti e hanno confermato ai pm della Procura Europea Amelia Luise e Gery Ferrara le irregolarità commesse dai due indagati. L’ex professoressa ha raccontato agli inquirenti di una “gestione dispotica della cosa pubblica da parte dell’indagata”, scrisse il gip nella misura cautelare, gestione che era impossibile contrastare salvo correre il rischio di ritorsioni. L’insegnante ha descritto la dirigente come “avvezza alla violazione delle regole”.
“Quindi noi abbiamo ‘appizzato’ (sprecato) 1.045 euro!”, così diceva, secondo le intercettazioni, la preside Lo Verde riferendosi ad un presunto mancato introito riservato ai dirigenti scolastici nell’attuazione dei Pon. “La mancata partecipazione degli studenti inciderebbe in maniera direttamente proporzionale sulla quota parte dei fondi stanziati per ciascun Pon destinati ai dirigenti degli istituti”, scrive il giudice.
La dirigente scolastica si sarebbe arrabbiata con un’insegnante che avrebbe contato un numero di partecipanti ai corsi minore rispetto a quanto da lei desiderato: “Infatti la R… non ne ha messi sempre 9? Sempre 9 ne ha messi, quindi 11… per 3,33, per 3,47 quanto fa? Fa 114 euro per 10 incontri, fa 1.045 euro… Quindi noi abbiamo appizzato 1.045 euro! Grazie alla R…!”. Le indagini, ovviamente, proseguono.
L’avvocato di Lo Verde, Ninni Reina, ha precisato che la scelta di stare in silenzio davanti al Gip “non è un modo per sottrarsi alle domande dei magistrati”, ma un modo per avere il tempo di leggere gli atti e poter fornire una spiegazione alle varie contestazioni e per poter chiarire la posizione della preside.
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