Da Paolo Fasce, dirigente scolastico dell’Istituto Nautico “San Giorgio” di Genova e Camogli, riceviamo questa riflessione che volentieri pubblichiamo.
È recentemente esploso il caso di una dirigente scolastica arrestata a Palermo con le gravi accuse di corruzione e peculato. Non è il primo caso perché nel 2019 se ne era registrato un altro in provincia di Imperia individuato grazie alla segnalazione dello staff; ad oggi la vicenda si è conclusa con la condanna di due anni e otto mesi di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Viene da domandarsi se i casi emersi dalla cronaca siano solo la punta dell’iceberg, oppure se siano isolati.
Propendo per questa seconda ipotesi per un motivo: i/le dirigenti scolastici sono osservati attentamente da decine di persone, lavoratori e lavoratrici della scuola nel ruolo di insegnante, ausiliario, tecnico o amministrativo.
Centinaia di occhi sono puntati sul dirigente (e sul DSGA) ed è difficile che comportamenti illegittimi o del tutto illegali, anche se non perpetuati in via ordinaria e continuativa, ma sufficientemente ripetuti nel tempo, non emergano all’attenzione di qualcuno.
Si tratta quindi di un sistema tutto sommato sano entro il quale il dirigente scolastico è messo “nell’angolo della legalità” sia per il diffusissimo senso del dovere che caratterizza questo profilo professionale, sia per le consapevolezze che emergono dallo studio della norma che vincola i dirigenti entro uno scrupoloso operare nell’ambito della legalità (ad esempio, la discrezionalità tecnica deve sempre essere motivata), sia, infine, perché è sotto gli occhi di tutti e non gli conviene proprio uscire dai ranghi. Qualcuno se ne accorge.
Nei casi di Palermo e di Imperia, vale la pena ricordare l’art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001 “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” nel quale sono contenute le autoevidenti norme correlate a questo tema: i/le docenti che hanno doverosamente attivato le indagini, quindi, sono protetti/e dalla Legge.
Credo che occorra tuttavia promuovere ulteriori accorgimenti strutturali che consentano di mantenere il fenomeno entro i casi fisiologici che rientrano nella statistica e questi sono possibili entro il quadro della professionalizzazione dell’apparato amministrativo.
In buona sostanza, occorrebbe attivare, accanto al DSGA (inquadrato nell’Area D del personale ATA già nel contratto 2006/2009), anche il Coordinatore Amministrativo (area C del personale ATA) che dovrebbe avere lo stesso profilo culturale affinché il motore gestionale della scuola si muova, in via ordinaria, nell’ambito del monitoraggio reciproco e diffuso e in via strutturale, sia capace di compensare le deficienze di sistema che possono sorgere ora perché un DSGA è incapace, ora perché è malato, ora perché un DS è fuori dalle righe. La conoscenza della norma, più è diffusa, più riporta chiunque entro la medesima. Basta che qualcuno la evochi.
Detto questo, esistono forme di corruzione molto più sottili e di più difficile individuazione e sono quelle che un DS attento ed esperto ci mette parecchi anni a stanare grazie a monitoraggi, cautele e attenzioni che prende nel corso del tempo.
Vale infatti la pena rilevare il fatto che in molte scuole del Paese vige una certa omertà tra colleghi e la lamentela per comportamenti ai margini o del tutto fuori luogo è troppo spesso vera, ma di difficile accertamento senza la collaborazione dei colleghi stessi che sono raramente disponibili a confidarsi col preside e ancora più raramente sono disponibili a mettere per iscritto quello che sanno, consentendo a quest’ultimo di procedere per la propria parte (il coinvolgimento dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari o dell’autorità inquirente non può basarsi su circostanze descrittive generiche).
In taluni casi, un dirigente che monitorasse con attenzione senza le opportune cautele un dipendente incapace o corrotto, rischierebbe accuse di mobbing e, probabilmente, occorrerebbe istituire un art. 54 ter a tutela dei dirigenti che si danno da fare per intercettare i fenomeni corruttivi nella propria scuola.
Un esempio tipico è quello del rispetto dell’orario di lavoro, in particolare quello nelle compresenze. Gli insegnanti sono entrambi in classe nell’orario deputato? C’è onestà diffusa tale che se un collega arriva sempre in ritardo o manca alcune lezioni e firma il registro venga segnalato al dirigente? Oppure ci si gira dall’altra parte? Oggi è facile firmarlo senza dare nell’occhio e si può farlo da casa perché è elettronico e il collega compresente, di fronte all’assenza non annunciata, può sempre dire “non ero informato, non me ne sono accorto”.
In conclusione, fortunatamente i casi eclatanti di corruzione dei dirigenti emergono con chiarezza, proprio per la struttura della scuola. Non sempre possiamo dire la stessa cosa in maniera diffusa perché se il dirigente è sotto gli occhi di tutti, altre figure professionali possono chiudere la porta dell’ufficio o dell’aula scolastica e lavorare senza supervisione.
I dirigenti scolastici sono chiamati a monitorare due, tre, undici plessi in uno, due, cinque comuni differenti e diversamente da tutti gli altri dirigenti dello Stato che governano spesso meno di una decina di persone, peraltro con ben altri stipendi, ne hanno anche un paio di centinaia.
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