Nel suo sondaggio di questi giorni, la Gilda ha posto la questione della chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici col risultato che il 76,88% si è dichiarato “per niente favorevole”, il 13,18% “poco favorevole”, il 6,74% “abbastanza favorevole” e il 3,20% “molto favorevole”.
Gli insegnanti dunque non vogliono neanche pensare all’idea di non scegliersi loro la scuola e di essere chiamati da qualcun altro che non sia l’oggettiva e asettica sequenza della graduatoria.
Ebbene, e se noi facessimo domanda con opposto interrogativo: che ne pensate di lasciare ai docenti la scelta del preside?
A parte il fatto che questa, l’elezione diretta dei presidi da parte del collegio dei docenti e del personale, è già proposta della Gilda, qualche anno addietro fu presentato in Parlamento un disegno di legge anche dall’Italia dei Valori e all’indomani di uno di quei concorsi (2004) a dirigente scolastico dall’esito disastroso per ricorsi, denunce, sospetti e cose di questo genere.
In pratica con questa proposta si tratterebbe anche di andare a risparmiare alcune centinaia di miglia di euro per pagare materiali di cancelleria ed esperti in test per la pre-selezione e il pre-esame, e poi i vigilantes, i commissari per le correzioni degli scritti e la verifica degli orali. E poi le graduatorie, che sono sempre soggette alla impugnativa, e per nominare i vincitori.
Ma soprattutto si riflette sul fatto per cui, se il Rettore dell’Università viene eletto dagli organismi interni, come pure i vari presidi delle varie facoltà, perché la stessa cosa non si possa fare anche nelle scuole?
Se inoltre si scende nel dettaglio e si fa il raffronto coi Comuni, al cui governo le cariche vanno per elezione del popolo, la proposta acquisterebbe una sua più marcata valenza, visto che spesso molti Municipi sono retti da sindaci con scarsa cultura, non solo accademica, ma anche normativa e legale.
E allora perché non consentire ai professori e al personale della scuola di eleggersi il proprio preside? Un “primus inter pares” che deve rispondere del suo operato direttamente ai colleghi e al personale, considerato pure che deve gestire una scuola con una media di 500/600 alunni e circa 150 tra docenti e Ata e con un budget molto limitato se si rapporta alle Università o ai Comuni che gestiscono sanità, polizia, istruzione, edilizia ecc.
Ma non sono solo queste le riflessioni che i sostenitori di questa proposta mettono sul tappeto.
Con l’autonomia, che restituisce ai collegi dei docenti tante possibilità nella gestione della didattica e delle scelte di governance, l’elezione diretta dei presidi sarebbe a tempo, quattro/cinque anni, mentre la scelta del “primus inter pares” cadrebbe certamente sul collega che ha dato prova, sul campo, di maggiore affidabilità, coerenza, preparazione, sia in classe coi ragazzi, e sia fuori nei rapporti interpersonali con gli altri docenti e col personale nel suo insieme. Insomma meglio un preside a tempo che un dirigente, magari autoritario o impreparato, a vita.
Né vale il discorso del condizionamento o delle clientele, perché stiamo parlando di professionisti che con professionalità, correttezza, legalità si eleggono il loro dirigente.
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