Ieri è stata diffusa la notizia relativa ad un dirigente scolastico di Cosenza che è stato schiaffeggiato dal genitore di una studentessa, che è stato denunciato. A commentare la notizia, nella serata di ieri, è stato anche il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.
Oggi emergono altri dettagli sul motivo che ha spinto l’aggressore a picchiare il preside. Come riporta Il Corriere della Sera, l’uomo si è introdotto nella stanza del dirigente, approfittando di un momento di trambusto. “Non sai cosa ti faccio se non fai come dico io”, queste le parole che gli avrebbe rivolto.
Poi quando il dirigente l’ha avvertito che avrebbe chiamato la polizia, si è avventato contro e, l’ha colpito con uno schiaffo. Ecco le parole della vittima dell’aggressione: “È successo tutto per un motivo banale. L’aggressore voleva che la figlia fosse inserita nel percorso scuola lavoro diverso da quello cui era stata destinata. Il padre pretendeva che la figlia fosse inclusa all’ospedale di Cosenza, e non dirottata alla facoltà di farmacia”.
Già qualche giorno fa lo stesso genitore aveva assunto toni minacciosi con la collaboratrice del preside. “Quando ho spiegato al padre della ragazza che i posti all’ospedale di Cosenza erano ormai saturi e che non potevo inserirla in alcun modo in quel progetto, è andato su tutte le furie”, ha spiegato.
“Me lo sono visto entrare con fare minaccioso e ho cercato di mantenere la calma. Ha sbattuto la porta che si apre solo dall’interno e questo mi ha fatto pensare che potesse essere armato. Quando ha bussato la segretaria e le ho aperto, ho tentato di farle capire che quell’uomo era pericoloso, ma lei non ha capito ed ha chiuso nuovamente la porta”. A quel punto il preside ha cercato di spiegare al genitore le difficoltà d’inserimento della figlia nel progetto dell’ospedale.
“Lui insisteva, avvicinandosi sempre più a me. Ho cercato di raggiungere la porta per uscire, ma lui si è messo davanti, bloccandomi e nello stesso momento mi ha dato uno schiaffo”. L’uomo è poi andato via rendendosi irreperibile, sino a tarda sera quando si è presentato in Questura. È stato interrogato e gli è stato contestato il reato di lesioni aggravate.
“Solidarietà e vicinanza al dirigente scolastico di Cosenza, socio del nostro sindacato DirigentiScuola, vittima di un intollerabile e vile gesto da parte del padre di un’alunna. E’ purtroppo l’ennesimo episodio che colpisce ed offende un’intera categoria. Ben vengano le norme specifiche volte all’inasprimento delle pene a tutela del personale scolastico, di recente approvazione in Parlamento. Rimane, però,il problema della prevenzione di certi comportamenti che traggono origine da un indebolimento del sistema, da una scarsa considerazione sociale che lo Stato ha tributato negli anni al personale della scuola e dai pochi strumenti di intervento diretto che il dirigente può esercitare nel contesto della scuola autonoma”. Così, in una nota, il sindacato dei presidi, DirigentiScuola.
“Assistiamo al risultato prodotto dal progressivo depauperamento delle risorse economiche e soprattutto umane perpetrato ai danni della scuola – sottolinea il presidente, Attilio Fratta – I dirigenti scolastici nel loro lavoro quotidiano continuano a prendere in carico, in prima persona, tutte le criticità organizzative e relazionali che nella comunità educante attengono ad altri livelli di intervento e che di fatto mancano. In simili episodi lo Stato è anche responsabile e non solo vittima”.
In base a quanto approvato con il cosiddetto Decreto Caivano approvato ad inizio settembre dal Consiglio dei Ministri, in linea teorica il genitore potrebbe davvero rischiare l’arresto immediato, poiché tale reato – violenze, minacce, resistenza a pubblico ufficiale – è stato inserito dal Dl nella lista di quelli per cui è possibile l’arresto facoltativo in flagranza.
A questo proposito, va ricordato che quanto approvato a pagina 186 della Gazzetta Ufficiale, serie Generale del 9 agosto, nel 2019: “Art. 341 -bis (Oltraggio a pubblico ufficiale) . – Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato”.
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