I superpoteri da conferire ai Ds – e che ne farebbero, con dizione ormai famosa, dei presidi “sceriffo” – sembrano la proiezione in piccolo, sul mondo scolastico, di quei superpoteri (di fatto presidenzialistici) che Renzi sta già attribuendo al leader di maggioranza-capo dell’Esecutivo (e quindi, probabilmente e sostanzialmente, a sé stesso) attraverso l'”Italicum”, la contestata legge elettorale appena approvata in via definitiva dal Parlamento.
Il fascino del far west può essere tuttavia contagioso. A sentire l’aria che tira fra gli operatori scolastici, Renzi potrebbe non dormire sonni del tutto tranquilli. L’incubo che potrebbe agitare le notti renziane è infatti quello di trovarsi a dover pagare, per ogni dirigente “neo-sceriffo” introdotto d’imperio, un numero imprecisato di “docenti-elettori sceriffo” pronti a far pulizia dei subiti bullismi di Stato nel luogo principe della democrazia rappresentativa: la cabina del seggio. Armati di scheda elettorale, matita copiativa e col diabolico scintillio negli occhi che fu già di Jack Nicholson in “Shining”.
Ecco quello che potrebbe o dovrebbe guastare i sonni dei partiti di maggioranza, soprattutto in questo periodo: un esercito di X di preferenza tracciate con sfregio irriverente, come fossero liberatorie Z di Zorro, nei simboli che più dispiacere possono dare all’attuale compagine governativa.
Si stima attualmente intorno all’1% il potenziale effetto DdL sul voto complessivo. Ma gli effetti potrebbero essere di più ampia portata.
Quello che i partiti di maggioranza non pare stiano calcolando è che si sta creando, nelle scuole e soprattutto attraverso il web, un fenomeno di comunicazione e condivisione di informazioni così rapida e pervasiva da poter determinare effetti moltiplicatori in un eventuale voto, per così dire, punitivo.
Potrebbe insomma succedere che il voto di protesta dei docenti non solo si incanali naturalmente in una certa direzione, ma che si organizzi e raggiunga un effetto di tipo potenzialmente virale.
Ricordiamo alcuni aspetti che potrebbero facilitare un simile effetto innesco:
1) siamo alla vigilia di una importante consultazione elettorale (le elezioni regionali e comunali, che coinvolgeranno oltre 23 milioni di elettori), in cui lo spostamento anche di pochi punti percentuali può decidere di una presidenza o di una sindacatura.
2) Il livello di condivisione, comunicazione e organizzazione fra i docenti ha raggiunto vette prima impensabili, sia per la generalizzata indignazione determinata dai contenuti del DDL Scuola, sia per l’espansione di fenomeni di comunicazione istantanea di massa, a struttura e flusso di propagazione reticolare, come i social network, fino a pochi anni fa assenti o non ancora diffusi in modo massivo.
3) La protesta elettorale colpirebbe peraltro nel segno, in quanto verrebbe ad essere penalizzato soprattutto il PD, che in genere è il principale beneficiario dei voti degli insegnanti (nel 2008, altro momento di forte indignazione della categoria docenti, il governo era invece di Centro-Destra).
4) La forza numerica degli insegnanti è considerevole: non vanno contati infatti solo i singoli docenti, ma anche il giro stretto di persone che essi hanno attorno e che li seguirebbero nel voto di protesta.
5) Gli insegnanti hanno inoltre un rapporto diretto con un’altra notevole fetta di elettorato, costituita dalle famiglie: una campagna di comunicazione ben gestita avvicinerebbe diversi genitori alle ragioni degli operatori del mondo scolastico, anche perché ci sono chiari elementi di danno potenziale per i loro figli, a cominciare dai rischi per la continuità didattica a DDL approvato.
Il “Renzi fast and furious“, rottamatore per visione, vocazione, coazione ossessiva o furbizia politica (o, più probabilmente, tutto questo insieme), farebbe bene, pertanto, a guardare con attenzione a questo scenario. A meno che non voglia sfidare anche tale eventualità e continuare compulsivamente nella sua corsa senza freni verso la rottamazione iconoclasta, costi quel che costi, di tutto ciò che ha elevato, nel proprio immaginario, a simbolo stantio di immobilismo italico. Ieri è toccato all’articolo 18; oggi tocca alla Costituzione, alla scuola e a diverse procedure democratiche; domani, chissà, potrebbe essere il turno anche del Natale, della pizza o della torta di mele. Ma speriamo di no.