Domanda a bruciapelo,un po’ imbarazzante, da parte di un ragazzo: “preside, lei è sereno?”.
“Perché mi fai questa domanda?”.
“Perché vorrei capire se ha senso il Natale che tutti festeggiamo, magari solo perché coincide con le vacanze, con i regali, con un po’ di stacco dalla frenesia di tutti i giorni. E’ la domanda che ho rivolto a me stesso, alla quale faccio un po’ fatica, lo ammetto, a rispondere”.
“Beh, devo dire che sereno lo sono e non lo sono. Perché quando penso a questa parola la associo soprattutto alla domanda di verità. Provo a spiegarmi: quando penso alla serenità, penso alle relazioni in famiglie, penso ad una giornata di sole, penso alla disponibilità, senza troppe maschere, di guardare in faccia le persone, i problemi, le difficoltà, magari sempre con un pensiero positivo. Ed è la domanda di verità, senza alcuna pretesa di possesso od esclusività, che offre la luce necessaria per smontare pregiudizi, maschere, interessi. Vedendo le tante criticità, mi accorgo tante volte di essere poco sereno, anzi, a volte mi arrabbio. Ma quando penso che, al dunque, non siamo noi i gestori ultimi della verità, della giustizia, delle bellezza, del bene, ma, al massimo, dei testimoni, allora mi sento sereno. Sono solo uno dei tanti che cerca di essere fedele a questa convinzione, che nasce da una constatazione: al massimo possiamo essere testimoni, ma non padroni dei nostri destini.”
“Sarebbe questa distanza tra la realtà e le nostre intenzioni quella maturità che gli adulti dovrebbero testimoniare?”
“E’ la ricerca di un equilibrio, mai dato, sempre in divenire. Che dice la nostra disponibilità a farci carico, pensando, delle complessità, ma fiduciosi che ogni giorno possiamo creare qualcosa di buono, senza alcuna presunzione o certezza. Come dei viandanti, alla ricerca di una luce, che, per chi crede, possiamo incrociare proprio a Natale”.
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