Più leggo e rifletto sulla “Buona Scuola “ di Renzi e più mi convinco che il documento sia stato partorito da persone che non hanno mai frequentato o hanno dimenticato cosa significa “stare in aula”. Esperti, chiamiamoli così, che ritengono che un sistema si possa e si debba riformare partendo dagli arredi e non dalle fondamenta,. In altre parole, “La Buona Scuola” è l’ennesima trovata ingegneristica pensata da persone che puoi incontrare in un convegno, dove i riflettori e la coreografia regnano incontrastati, ma che difficilmente trovi nelle aule spesso poco illuminate e fredde a gestire la complessa relazione educativa. Il Presidente Renzi intende realmente rivoluzionare “cambiare verso” alla scuola?
Allora inizi dal cuore, da quell’ambiente dove si creano le relazioni educative ed empatiche con gli alunni e gli studenti: l’aula, rottamando le classi pollaio!!! Chi entra e vive ogni giorno l’aula, sa benissimo che con 25-32 alunni la dimensione educativa e ogni progettazione che punti all’inclusione sono fortemente compromesse. Ho sempre letto sui “sacri testi di pedagogia” che il numero ottimale per realizzare le finalità di una “scuola della Repubblica” – il diritto alla formazione come tratto inalienabile della persona – è di 15 alunni. Addirittura un filosofo come Umberto Galimberti, quindi un “inesperto” ha confermato in un suo intervento questo numero. E allora che aspetta, Renzi, il quale dovrebbe essere favorito in questa lettura pedagogica dalla presenza della moglie-insegnante?
Posso capire che il ripristino di classi educative fa parte di que lle cose “del vorrei ma non posso”, soprattutto in questo momento di dissesto finanziario delle casse statali. Ho scritto posso comprendere, ma fino a un certo punto, da insegnante realmente impegnato nella formazione delle persone e da “esperto d’aula” che ogni giorno si relaziona con il “domani” (i nostri ragazzi), verso il quale mette in atto sempre più con difficoltà (non per sua incapacità) tutta una serie di strategie relazionali, emotive e altro ancora e che una volta venivano chiamate “la cura dell’alunno”, mentre oggi mi piace definirle con un aria di R. Cocciante “Occhi negli occhi”.
Dal Presidente Renzi, rottamatore e uomo della discontinuità e del “ cambio verso” rispetto anche allo “tsunami Gelmini” mi sarei aspettato un altro approccio per rimettere al centro la scuola, cioè la dimensione “calda” costituita da relazione, emotività e altro ancora dalla quale dipende tutto il resto Bene, propongo al Presidente Renzi e a tutti i suoi “esperti” il piano B : applichi l’indicazione di 22 studenti per classe, contenuta nella L.I.P. e contestualmente ripristini le compresenze nella primaria e le introduca ad esempio nella scuola secondaria di primo grado.
Se nulla accadrà avrò purtroppo la conferma che Renzi non è una persona di rottura rispetto al passato, bensì un “continuatore” delle politiche della destra che attraverso il duo Gelmini-Tremonti ha sempre considerato alcune le riforme della scuola come un “costo che non possiamo permetterci”, dimostrando una profonda incapacità a considerare il futuro come una variabile dipendente dalle scelte di oggi. Ma un Paese povero di petrolio e di altre risorse naturali , quale futuro può avere se non valorizza il suo capitale umano?
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