C’era una volta il preside. Quello che accoglieva gli studenti all’entrata di scuola. Si preoccupava dei suoi alunni, li andava a trovare mentre facevano lezione. Faceva di tutto di non far mancare nulla ai suoi docenti. Non si perdeva uno scrutinio. La sua porta era sempre aperta, mostrando piena disponibilità a parlare con tutti, famiglie comprese.
Di quella figura, per certi versi mitica, oggi non c’è rimasto molto. Con l’entrata in scena della scuola dell’autonomia, anche la definizione è cambiata: abbiamo sempre più dirigenti scolastici, molto manager, ma poco presidi. In alcuni casi, arrivano a scambiare la scuola per un’azienda.
Si sono troppo piegati ai numeri (quelli del trend degli alunni iscritti, dei bilanci in attivo, dei Pon sottoscritti, delle valutazioni medie e via dicendo) e alla burocrazia; sempre meno inclini ai rapporti con quella che oggi si chiama freddamente “l’utenza”. Peccato che senza l’utenza, gli istituti scolastici non esisterebbero.
È un concetto che conoscono bene, non a caso, i presidi di vecchio stampo, quelli che hanno improntato il loro fare professionale su questa convinzione: l’interesse prioritario per i bisogni formativi dei loro bambini e ragazzi.
Chi ha avuto la fortuna di ritrovarsi in una scuola con questo genere di presidi, sa bene cosa significa. Come certi docenti, fortemente carismatici, nove volte su dieci sono capi d’istituto che lasciano il segno: al punto che i loro studenti, assieme agli insegnanti, nel salutarli per la meritata pensione, li ringraziano con dei festeggiamenti davvero sentiti. Come se fossero compagni o colleghi di pari grado.
È accaduto qualche giorno fa ad Aluisi Tosolini, a capo del liceo Attilio Bertolucci dalla sua nascita, nel 2007, che è stato praticamene osannato da alunni, docenti, personale e genitori. E lui, che ha iniziato la carriera nemmeno ventenne come docente di Religione, per poi diventare insegnante di Filosofia, ha risposto con un auspicio: quello che la scuola riesca non solo a “capire il mondo, ma anche a trasformarlo”.
Alla Tecnica della Scuola, Tosolini, che è anche coordinatore delle Scuole di Pace, ha detto: “Ho sempre lavorato per fare in modo che gli studenti sentano la scuola come una loro seconda casa. Al Bertolucci gli studenti possono fermarsi anche dopo l’orario, per studiare o per fare i compiti o anche semplicemente per chiacchierare”.
Ma da cosa si capisce che una scuola è una comunità? “Ci sono molti segnali, uno che può apparire sciocco è questo: basta vedere come sono i bagni degli studenti, se sono puliti è perchè c’è senso di comunità e di rispetto reciproco”, ha sottolineato il preside.
“Se la scuola non è un parcheggio – ha detto ancora Tosolini – e se è una comunità, è il minimo pensare di comportarsi come in una scuola-casa”.
Per Tosolini, l’obiettivo ultimo della scuola è quindi che questa si adoperi per fare in modo che “i loro studenti fossero attori e non spettatori”.
Un “rito” simile – il cui video è diventato virale – è stato riservato al preside pensionando del liceo Avogadro, a Torino, Tommaso De Luca: tanti giovani raccolti davanti all’ingresso hanno levato il coro da stadio “Uno di noi, è proprio uno di noi“.
De Luca è stato preside dell’Avogadro, dove è entrato nel 1994 come professore di Lettere, anche lui per 15 anni.
Il suo discorso, scrive l’Ansa, è cominciato con una battuta accolta dalle risate dei presenti: “Non so se riuscirò a farvi promuovere tutti: il problema sono i professori … Però farò il possibile per aiutarvi, come sempre”.
“La prima fondamentale forza dell’Avogadro – ha detto ai ragazzi – sono i suoi 1.600 studenti. Siete voi. E’ stato un privilegio potermi dire ‘il vostro preside’ per tutti questi anni. Vi porterò sempre nel cuore”.
Il video, che attraverso le condivisioni è stato visualizzato decine di migliaia di volte, ha raccolto le parole di apprezzamento degli internauti, tra quali non sono mancati insegnanti da ogni parte d’Italia e anche gli ex studenti dell’Avogadro.
Molti si sono detti “commossi”. “Lei è una donna di scuola – ha risposto De Luca a una commentatrice – e capirà quanto oggi mi senta ricco e quanto mi senta triste”.
“Se l’umanità di questo Preside risalisse il corpo e il cuore di altre persone negli enti pubblici – è stato uno dei tweet – allora sarebbe un mondo diverso”.
“Siamo in molti servitori dello Stato fieri di esserlo”, ha replicato De Luca.
“Sono sempre stato fiero dei miei studenti. Mi avete reso fiero. Vi sono grato per quello che mi avete insegnato. Per quello che avete fatto insieme a me”, ha chiosato il preside.
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