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Presidi italiani tra i più pagati ma insoddisfatti. Rusconi (ANP): “Costretti a mansioni non proprie e senza aiuto”

Un periodo complicato, tra contagi, didattica a distanza, chiusura delle scuole in seguito a ordinanze, ricorsi al Tar e tanti problemi da risolvere in tempi brevi. È il caos in cui si sono trovati in questi mesi i presidi italiani che continuano a navigare tra le difficoltà e che insieme agli insegnanti e al personale scolastico, provano a completare l’anno nel miglior modo possibile.

Secondo un’indagine dell’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) i presidi italiani sono tra i più pagati al mondo, ma tra i meno soddisfatti. Durante la pandemia infatti, l’impegno dei capi d’istituto è pressochè raddoppiato, con svolgimento di compiti spesso non dovuti.

Secondo l’Ocse la media degli stipendi dei presidi dell’Unione Europea è di 72mila dollari annui lordi (1000 in meno rispetto al resto del mondo). Quelli italiani si stagliano con 107mila dollari al terzo posto dopo Australia e Regno Unito e guardando al differenziale con i loro docenti, sono i più pagati in assoluto. In Italia un preside è pagato il 160% in più rispetto ad un docente in cattedra (il doppio rispetto all’85% dell’Australia).

Sempre in Italia la retribuzione media di un preside, secondo l’Ocse, è di circa 72mila euro lordi annui. Cifra che non soddisfaceva i capi d’istituto già prima della pandemia. I motivi, accentuati dal Covid, sono dati principalmente dallo stress del lavoro amministrativo, ma anche le continue e varie esigenze delle istituzioni locali/regionali o nazionali, o il rapporto ad esempio coi genitori degli studenti.

Sulla vicenda, la Tecnica della Scuola ha intervistato Mario Rusconi, presidente ANP Lazio (Associazione Nazionale Presidi):

“Presidi italiani tra i più pagati al mondo? La media in Italia è di 2400 euro al mese, meno di altre professioni, ma la mole di lavoro è tanta e ci sono responsabilità enormi. Spesso senza alcun aiuto perchè nella scuola italiana manca ad esempio la figura del middle management che esiste negli altri paesi. A volte qualcuno collabora ma è un compito volontario, senza retribuzione”.

“La differenza di stipendi con gli insegnanti? Sono questi ultimi che percepiscono poco, non i presidi tanto. I docenti italiani hanno tra gli stipendi più bassi in Europa, è quello semmai da correggere. I presidi italiani sono insoddisfatti perchè spesso devono svolgere mansioni non proprie, si trovano a gestire collaboratori precari o senza specifiche competenze, nelle segreterie manca il personale. Molti presidi si rivolgono a me evidenziando le difficoltà che ci sono. Esistono anche rapporti difficoltosi con le istituzioni, in molte nazioni la scuola è proprietaria dell’edificio, in Italia no. Durante la pandemia ci sono state difficoltà anche con le Asl sulle indicazioni da seguire”.

Infine un commento sulle nuove chiusure delle scuole in alcune regioni: “Purtroppo queste nuove varianti colpiscono i più piccoli. La Dad è stata una grande risorsa durante il lockdown ma non si può pensare di far tutto con la Dad perchè, come abbiamo visto, crea disuguaglianze, considerando i problemi di connessione che ancora molti studenti hanno”.

Daniele Di Frangia

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