“Non credete quando dicono che noi italiani le cose non riusciamo a farle bene, le abbiamo fatte in democrazia e con pluralità di opinioni. Ora, il preside sceriffo va contro la libertà e la varietà dell’insegnamento. La chiamata diretta dei docenti è un’operazione che nella scuola pubblica non esiste. Vogliamo forse creare un altro esercito di esodati? Un governo di sinistra non può fare questo. E voi, cari ragazzi, dovete studiare, perché noi abbiamo lottato perché voi poteste farlo”. Sono parole forti quelle pronunciate da Giuliano Aureli, presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia di Velletri, nel corso dell’incontro, tenuto sabato 6 giugno nel giardino liberato di via Galeazzo Alessi a Roma, su scuola e memoria.
Aureli, classe 1931, ha raccontato la sua infanzia e adolescenza trascorsa proprio a villa Certosa: “non avevamo una scuola media in zona, io e i miei amici di 10 anni siamo dovuto andare nella più centrale via Cairoli. Oggi per i giovani avere la scuola vicino casa è quasi scontato, ma vi garantisco che non è così. Ogni partigiano ha lottato perché voi poteste avere la possibilità di studiare”.
Il suo racconto è stato arricchito da diversi aneddoti, ma anche da valori e convinzioni, che si sono andate a costruire nel suo animo in decenni di lotte. Perché con la fine della seconda guerra mondiale, Aureli non ha terminato di combattere. Di resistere. Lo ha ripetuto più volte: chi supera certe esperienze, per la fame (“durante la guerra avevamo diritto a un quarto di olio al mese, era impossibile ingrassare”) non ha più paura di nessuno. Ancora oggi, a 84 anni ben portati, sente il dovere di dire quel che pensa.
E la fa rivolgendosi soprattutto ai giovani presenti “Non fidatevi di chi dice ‘ci vuole l’uomo forte’. Non fidatevi, perché con la democrazia e il dialogo abbiamo ottenuto tanto. Alla fine della guerra ci abbiamo messo solo cinque anni per ricostruire tante cose, scuole, strade, ferrovie e avevano detto che l’Italia ci avrebbe messo venti anni”.
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“Cari ragazzi – ha continuato il partigiano – dovete studiare per capire l’importanza della libertà, siate soldati di pace, difendetela da chi vuole la guerra solo per guadagnare i soldi con la armi, come ancora l’Italia. Non abbiamo i soldi per scuole, ma spendiamo i soldi per acquistare armi”.
Quelle armi che i partigiani, però, utilizzarono negli anni della Resistenza. Forse anche più del dovuto. Come a via Rasella, dove l’attentato alle truppe tedesche portò la follia nazista a commettere lo scempio delle Fosse Ardeatine. Forse, si poteva evitare? “No, non potevamo evitarlo – ribatte il partigiano laziale – perché gli americani continuavano a bombardare Roma. Serviva un segnale, ma queste cose le dicono in pochi. Qualche tempo prima i partigiani ci provarono con il cinema Adriano: era tutto pronto per far esplodere una bomba, ma non si accese l’innesco. La lotta contro i tedeschi fu durissima. Quegli uomini compirono delle atrocità. Nelle carceri di via Tasso, qualcuno preferì uccidersi pur di non farsi tirare via le unghie. I giovani lo devono sapere, finché la salute me lo permetterà – ha concluso Aureli – continuerò a raccontarlo nelle piazze e nelle scuole”.
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