“La nostra situazione professionale è ormai al paradosso. Non siamo Dirigenti equiparati alla dirigenza dello stato, ma sosteniamo il peso di incombenze che nessun altro ha”.
Si apre così una lettera aperta di più di 400 dirigenti scolastici di tutta Italia hanno inviato alla direzione dell’Associazione nazionale presidi e divulgato ai mezzi di informazione.
“Ci tocca di tutto – sottolineano i dirigenti firmatari – dalla sicurezza all’attività negoziale, passando per la gestione del personale, dovendo incidere sulla didattica e sulla metodologia per garantire risultati di apprendimento. Tutto con responsabilità diretta”.
Un mestiere carico di contraddizioni: “Le recenti sentenze (vedi quella di Lodi che ci esautora dai poteri disciplinari o quella ben più tragica del collega Livio Bearzi, condannato per il crollo di un edificio scolastico nel terremoto dell’Aquila) ci dimostrano due concetti opposti: il primo, che per la giustizia italiana non siamo nemmeno datori di lavoro. Il secondo, che lo siamo in modo assoluto. Tutto e il contrario di tutto, all’interno del nostro profilo professionale”.
E neppure particolarmente allettante: “Economicamente mal retribuiti (percepiamo poco più di un docente a fine carriera) e tartassati (diminuzione della retribuzione, mancata perequazione interna ed esterna, mancata corresponsione delle reggenze, peraltro pagate 350 euro al mese!!!, mancati rimborsi spese… ), costretti a ritmi impossibili (si lavora obbligatoriamente anche la domenica) per tenere in piedi uno o anche due Istituti con migliaia di studenti, più ordini di scuola e centinaia tra docenti e ATA, con poteri continuamente messi in dubbio sia dal nostro Miur che dalla giustizia del lavoro ed ordinaria, dovremmo poter contare sulle nostre associazioni sindacali per una protesta seria, definita e circostanziata ed un miglioramento delle condizioni di lavoro”.
“Sono anni che la situazione sta precipitando vertiginosamente – sottolineano i dirigenti scolastici che hanno sottoscritto il documento – C’è bisogno di chiarezza: siamo o non siamo dirigenti? Perchè lo siamo per le incredibili responsabilità e non a livello stipendiale? Quali effettivi poteri abbiamo per poter garantire i risultati che ci sono richiesti da un sistema di valutazione che giudicherà principalmente il nostro operato?”
E si parla anche di lavoro altamente stressante: “La categoria è arrivata ad un livello di esasperazione intollerabile, con punte di vera disperazione. Si parla di burn out dei docenti, ma crediamo che il nostro sia statisticamente un fenomeno molto più grave. Nei social si cerca un aiuto reciproco che spesso rappresenta l’unica ancora a cui aggrapparsi, nei meandri di una normativa farraginosa ed inutile e di una burocrazia ministeriale che, a dispetto del processo di semplificazione, sta diventando ogni giorno più abnorme”.
Come uscirne? La soluzione c’è ma è paradossale: “Abbiamo bisogno di una soluzione immediata. Se siamo davvero dirigenti, che ci venga adeguato lo stipendio e che i contratti della scuola ne tengano conto. Se non lo siamo, che ci vengano tolte responsabilità che non possiamo sostenere. Delle due, l’una. Ma non si può attendere”.
Insomma, a sentire questi 400 dirigenti il “preside sceriffo” sarebbe una pura invenzione così come sarebbe una invenzione il preside che si frega le mani, tutto contento di poter finalmente premiare e assumere a propria discrezione. La realtà appare un po’ diversa: molte responsabilità, norme contraddittorie, stipendi bassi, poco considerati. Tanto che all’ultimo incontro fra Ministero e sindacati in materia di mobilità qualche sindacalista presente ha nuovamente ribadito che gli albi territoriali daranno il via libera alle pratiche clientelari.