Ricorre quest’anno il decennale dell’entrata in vigore in vigore del sistema pensionistico complementare ed Espero è al primo posto nella classifica dei rendimenti dal 2007 a oggi.
Per l’occasione, Il Sole 24 Ore insieme alla società di consulenza finanziaria Consultique, ha condotto un’analisi sulle posizioni di quattro ipotetici lavoratori, che a parità di condizioni hanno destinato il TFR rispettivamente: in azienda o allo Stato (in caso di azienda con oltre 50 dipendenti), a un fondo negoziale, a un fondo aperto o a un Pip a gestione separata.
Dai risultati, emerge che coloro che hanno lasciato il TFR in azienda attualmente hanno un capitale inferiore a coloro che hanno aderito alla previdenza complementare. E tra le diverse forme, spiccano per convenienza i fondi pensione di categoria, con il+44% sul TFR.
Si tratta evidentemente di un ottimo risultato, in un periodo di forte crisi economica per l’Italia, dal 2007 ad oggi. Espero va addirittura meglio degli altri fondi: in 10 anni,+60% per il comparto Crescita e +27% per il Garanzia.
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Ma nonostante questi dati più che confortanti, l’adesione alla previdenza complementare è ancora scarsa. La causa? Innanzitutto la mancanza di informazione.
Nel corso del convegno del 3 novembre scorso a Montecitorio, organizzato dai Fondi del pubblico impiego Espero e Perseo Sirio, sono state infatti evidenziate le carenze del sistema informativo, in particolare dei fondi di categoria la cui natura senza scopo di lucro non permette una potenza informativa alla pari di banche e assicurazioni. Inoltre, altri fattori riscontrati sono la poca consapevolezza dei reali vantaggi e rischi, e la scarsa (talvolta inesistente) educazione finanziaria dei cittadini italiani.
Secondo gli ultimi dati COVIP, c’è stata sicuramente una crescita nell’ultimo decennio, passando da circa 3,6 milioni di iscritti a fine 2006 a circa 7,8 milioni a dicembre 2016. Nonostante questi numeri sembrino “vertiginosi”, nella realtà però aderisce solo 1 italiano su 3, e tra coloro che non aderiscono (o aderiscono poco) ci sono i giovani e le donne.
Dati questi che sembrano a dir poco assurdi, se si pensa al nuovo sistema pensionistico e all’adozione del metodo contributivo, che rende quasi obbligatorio – per non “rischiare la fame” al momento di uscita dal mondo del lavoro – affiancare la “normale” pensione con una copertura di previdenza complementare.
E dire che i vantaggi dell’adesione ad un fondo complementare, e ad Espero in particolare, non sono da sottovalutare.
Innanzitutto, con Espero il datore di lavoro versa un contributo aggiuntivo dell’1%, che va a sommarsi ai versamenti del dipendente. Inoltre, i contributi sono dedotti fiscalmente dal reddito complessivo e direttamente in busta paga.
È infine possibile anche richiedere un’anticipazione dopo almeno 8 anni di iscrizione al fondo per:
L’anticipazione può riguardare l’intera posizione accumulata (contributi lavoratore, contributi del datore di lavoro, rivalutazioni maturate) o una sua parte.
Per tutte le info su chi può aderire e come fare: http://www.fondoespero.it/
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