Eurydice Italia ha pubblicato la seconda edizione del rapporto “Cifre chiave sull’educazione e cura della prima infanzia in Europa”, che accoglie la traduzione parziale dello studio della rete Eurydice “Key Data on Early Childhood Education and Care in Europe – 2019 Edition. L’obiettivo è quello di delineare un’analisi comparativa e aggiornata dei sistemi ECEC – Early Childhood Education and Care – in trentotto paesi europei, ponendo le basi per un confronto indirizzato allo sviluppo di politiche comuni ed efficaci.
Prima di esporre in sintesi l’analisi della sezione italiana, vale la pena ricordare che i bambini europei che rientrano nel target ECEC sono circa 31 milioni e che in Europa circa 5 milioni di bambini al di sotto dei 3 anni, frequenta l’ECEC. Inoltre, soltanto sette Stati membri dell’UE (Danimarca, Germania, Estonia, Lettonia, Slovenia, Finlandia e Svezia) oltre alla Norvegia garantiscono un posto nell’offerta sovvenzionata con fondi pubblici per ogni bambino a partire dalla tenera età (da 6 a 18 mesi). L’accessibilità è notevolmente migliore per i bambini più grandi: quasi la metà dei paesi europei garantisce un posto nell’ECEC a partire dai 3 anni, con un numero crescente di quelli che rendono obbligatoria la frequenza durante l’ultimo o gli ultimi anni dell’ECEC. Altro dato interessante è quello che fa riferimento, a livello europeo, al monte ore: la maggior parte dei paesi europei garantisce tra 20 e 29 ore di ECEC a settimana, con orari di apertura settimanali spesso allineati con quelli delle scuole primarie coprendo la settimana lavorativa a tempo pieno dei genitori, disponibili soltanto in alcuni paesi (Cechia, Danimarca, Estonia, Slovenia e Norvegia). Per quello che riguarda la formazione di insegnanti e educatori, solo un quarto dei sistemi di istruzione in Europa rende obbligatorio lo sviluppo professionale continuo per gli educatori che lavorano con i bambini più piccoli, specificandone la durata minima in un periodo predefinito di tempo; alcuni degli altri, ma comunque meno della metà, richiedono lo sviluppo professionale continuo per gli educatori che lavorano con i bambini più grandi. Infine, la maggior parte dei paesi che dispongono di linee guida educative di livello centrale/superiore danno raccomandazioni sugli approcci pedagogici. (fonte https://eurydice.indire.it/pubblicazioni/key-data-on-early-childhood-education-and-care-in-europe-2019/)
Governance, accesso, personale, linee guida educative, valutazione sono le cinque dimensioni qualitative che fanno da guida all’analisi della ricerca di Eurydice, anche per quel che concerne la ricerca in Italia.
Emergono in primo piano una serie di “questioni irrisolte” a cui gli autori del rapporto suggeriscono con urgenza di porre rimedio, soprattutto laddove vi sono significativi aspetti di diseguaglianza tra le opportunità garantite alle famiglie italiane, rispetto a quanto accade in altri Paesi. Un esempio tra i tanti: l’Italia, insieme ad altri sei paesi di quelli presi in considerazione in Europa, per quanto riguarda l’accesso alle strutture 0-3, non fa parte di quelli che garantiscono a tutti gli aventi diritto la frequenza degli asili nido, con ripercussioni importanti su aspetti rilevanti, tra cui, primo tra tutti il lavoro delle madri come dimostrano i dati raccolti dall’osservatorio Openpolis (fonte https://www.openpolis.it/asili-nido-quasi-la-meta-dei-comuni-italiani-ne-e-sprovvista/). Questo, come si legge ancora nel rapporto, “ha portato alla prolificazione di molteplici proposte private, e talvolta alternative, che configurano un panorama in cui non sempre la qualità dell’offerta formativa può essere garantita”.
Nella scuola dell’infanzia italiana invece gli obiettivi di riferimento del documento “Istruzione e Formazione 2020”, per cui a livello Europeo si intende garantire il 95% delle iscrizioni degli aventi diritto, sono stati raggiunti.
Il punto che riguarda la valutazione esterna e interna delle strutture ECEC pone di nuovo l’Italia in una posizione secondaria, laddove non vi è una chiara definizione di sistemi strutturati, che potrebbe diventare un prezioso elemento di crescita per valutare o monitorare le performance delle strutture, fornire resoconti sulla qualità dell’offerta e soprattutto individuare spazi e modalità di miglioramento.
Dal rapporto Italia, in merito alla valutazione degli obiettivi raggiunti dai bambini si legge che questa “riguarda solo la scuola dell’infanzia, in ottica naturalmente formativa e non sommativa, lasciando talvolta i più piccoli a uno spontaneismo non sempre funzionale per un percorso di crescita”.
Per quanto riguarda invece i titoli d’accesso del personale educativo l’Italia, il rapporto di Eurydice afferma che si stanno facendo importanti passi avanti (…) e nei prossimi anni scolastici l’accesso ai posti di educatore nei servizi per l’infanzia sarà consentito esclusivamente a coloro che sono in possesso della laurea triennale in Scienze dell’educazione nella classe L19 a indirizzo specifico.
Per la scuola dell’infanzia invece da oltre venti anni è stato istituito il corso di laurea a ciclo unico in Scienze della formazione primaria a indirizzo scuola dell’infanzia.
L’analisi del modello di governance, preposto ad organizzarele strutture 0-6 all’interno di un continuum educativo, indica che in Italia si sta assistendo ad un progressivo adeguamento da parte del Sistema nazionale, a partire dall’istituzione del sistema integrato 0-6, introdotto dal Decreto legislativo 65 del 2017.
L’interesse dell’unità italiana di Eurydice per le istituzioni educative connesse alla fascia 0-6 ha portato, attraverso il supporto dei colleghi delle unità europee, alla pubblicazione di un rapporto sulle modalità con cui è stata affrontata l’emergenza covid-19 per garantire i diritti di cura ed educazione ai più piccoli.
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