Categorie: Politica scolastica

Primaria a 5 anni? La proposta del Ministro tra opposizioni e consensi

Crea divisioni la proposta del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, di ridurre a due anni il percorso della scuola dell’infanzia, facendo quindi partire la scuola primaria a 5 anni, lasciando comunque immutata la durata della secondaria (3 anni il primo grado e 5 il secondo) ma anticipando il diploma di maturità a 18 anni anziché a 19.

A rifiutare l’ipotesi di nuovo modello formativo è Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola. “La scuola ‘non è un mobile Ikea’”, tuona il leader del sindacato. Che puoi argomento la sua contrarietà: “è comprensibile che al giorno d’oggi, e specialmente in campagna elettorale, si sia portati a inseguire la massima visibilità attraverso esternazioni che tuttavia, quando si ricoprono ruoli di grande responsabilità – fa notare il sindacalista – andrebbero sempre attentamente misurate. Soprattutto quando si affrontano questioni delicate e complesse come quelle che riguardano istruzione e formazione. La ministra Giannini dice oggi la sua sulla vexata quaestio della durata dei percorsi di studio, risolvendola con una soluzione che sembra il massimo della semplicità: anticipare di un anno l’ingresso a scuola, lasciando invariato tutto l’impianto ordinamentale. Per la verità non tanto invariato, perché la scuola dell’infanzia verrebbe ridotta a due anni, ancorché si tratti di un segmento formativo da tutti riconosciuto essenziale nel costruire le premesse di buon esito dei percorsi successivi; una scuola, inoltre, di riconosciuta qualità e prestigio anche in ambito internazionale, tanto che un ex ministro la definì a suo tempo uno dei nostri ‘gioielli di famiglia’”.

Secondo Scrima, inoltre, “stupisce come si possa considerare il sistema scolastico alla stregua di un armadio che è possibile semplicemente spostare un po’ più in qua o un po’ più in là. Né la scuola si può montare e smontare a piacimento, da una parte o dall’altra, come se fosse un componibile Ikea. I percorsi di studio vanno costruiti avendo come essenziale riferimento le diverse tappe dell’età evolutiva. Ogni ipotesi di riforma deve tenerne debitamente conto: non sono consentite – conclude il leader della Cisl scuola – improvvisazioni e approssimazioni”.

Contrario, anche nel metodo, si dice anche il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo, secondo cui “non si può aprire una discussione sulla durata dei percorsi di studio sui giornali!”.

Di tutt’altro parere si dice l’Anief, che il mese scorso ha presentato un emendamento in Senato dai contenuti simili, con l’aggiunta dell’elevazione da 16 a 18 anni dell’attuale obbligo formativo.

“È vero – dice Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – che in passato altri ministri dell’Istruzione hanno fallito tentando di imporre un progetto simile. Ma i tempi sono cambiati, ormai viviamo nell’era della globalizzazione e del web. Che impongono tempi e apprendimenti anticipati. Inoltre, anche i più recenti studi di psicologia e pedagogia hanno rilevato che la massima capacità dello sviluppo umano si attua attorno a 3 anni e mezzo di vita. Che senso ha rimanere ancorati a certi conservatorismi? Chi sostiene il contrario, come gli altri sindacati, farebbe bene ad adeguarsi ai tempi”.

Nell’occasione, il sindacato ha ricordato l’alto tasso di abbandoni precoci degli studi, dell’innalzamento della disoccupazione giovanile e dei Neet parlano chiaro. E anche gli ultimissimi numeri sui giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano: un “esercito” che si allarga di mese in mese, con oltre 2 milioni 250 mila giovani (il 24%).

Alessandro Giuliani

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