Matteo Renzi ha vinto le primarie del Pd, tornando in sella dopo la pesante sconfitta al referendum d’autunno e le dimissioni da presidente del Consiglio.
Al voto si sono recati quasi 2 milioni di elettori (alle ultime primarie erano stati circa 2,8 milioni), scongiurando le previsioni negative di chi diceva che la scissione di Bersani e D’Alema, consumatasi dopo il 4 dicembre avrebbe creato un contraccolpo negativo: alla fine, commenta l’Ansa, il calo è stato contenuto e in alcuni momenti si sono create file ai seggi che hanno allungato l’orario di chiusura.
Così come non sono mancate denunce e accuse incrociate tra le mozioni rivali: annullati i voti di Nardò, Gela e Cariati mentre a Napoli, dove il deputato renziano Ernesto Carbone era stato mandato come ‘osservatore’ in Campania.
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I dati non sono ancora ufficiali, ma il vantaggio, quasi il 75% ha scelto il bis dell’ex segretario rispetto ai rivali Andrea Orlando, intorno al 20%, e Michele Emiliano sul 5%, non lascia spazio ai dubbi.
Renzi incassa la fiducia e ringrazia: “una responsabilità straordinaria”, ringrazia l’ex premier.
Tra i suoi elettori, c’è stata anche la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, che su Twitter ha scritto: “voto Matteo perché dobbiamo ripartire dai diritti di tutte e tutti per costruire insieme un’Italia più giusta e sostenibile”.
Cosa cambierà ora per la Scuola? Diciamo subito che la Legge 107/2015 non subirà stravolgimenti. Sono in programma delle modiche non rilevanti, anche perché Renzi sa bene che è lì “che il dente duole” e quindi ha già detto pubblicamente che ripartirà dalla Scuola. Sarà bene, tuttavia, che il Pd si batta per modifiche di sostanza. Ad iniziare dai settori più “sentiti”, come la chiamata diretta, i trasferimenti, le assunzioni e gli stipendi fermi al 2009.
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