Attualità

Primo giorno di scuola, la prima volta è sempre la prima volta. Proposta: perché le chat dei genitori non prendono un anno sabbatico?

Difficile dimenticare il primo giorno di scuola. Proprio e dei propri figli. Perché non è un evento come tanti, ma il cuore di qualcosa che, si intuisce, segna e segnerà la nostra vita. E questo vale per tutti gli ordini di scuola.

Ma anche il primo giorno di università, o del mondo del lavoro lo vivremo con una certa tensione. La prima volta è sempre la prima volta. Un reiterato incipit esistenziale, lo potremmo definire, scandito a seconda delle diverse fasi della vita. E l’emozione, assieme ad una sorta di tremore, non può certo mancare.

Ma il primo giorno di scuola ha sempre un sapore speciale. Rivedersi, reincontrarsi, nuove amicizie ed avventure.

Assistere, come mi è capitato ieri mattina, a questo primo giorno tra bambini e ragazzi è stata dunque una esperienza tutta speciale.

La scuola è sempre la scuola. Perché scuola di vita, e non solo di conoscenze. E quanti genitori, non solo tra i più piccoli, a fare le foto di rito. Tutti dunque a fermare con uno scatto l’attimo fuggente.

E quanti docenti, anche loro in tanti emozionati come fossero al loro primo giorno di scuola. Si vedeva e si respirava.

Questi docenti saranno tutti maestri, in senso pieno, per i piccoli e con grandi, o si lasceranno, col tempo, prendere da una mano negativa, come purtroppo si legge su alcuni social, cioè si limiteranno al minimo sindacale? Perché anche a scuola tutto il mondo è Paese.

Quest’anno in particolare, osservando piccoli e più grandi, mi ha emozionato seguirli e guardarli negli occhi, mentre entrando, si abbracciavano. Segno evidente che il cuore della scuola è sempre e anzitutto l’aspetto educativo, cioè formativo a tutto tondo. Il quale viene prima, essendone l’energia di base, degli orizzonti culturali, scanditi da materie e indirizzi di studio.

L’augurio è che riescano tutti, nel corso dell’anno scolastico, studenti, famiglie e docenti, a intrecciare lo sfondo educativo con la sostanza formativo e culturale. Il mix è qualcosa di grande. Che si traduce in emozione, in curiosità, in apertura relazionale, anche in “fatica del concetto”.

Perché ritrovarsi è sempre bello, ma poi si sa che la realtà domanda contenuto, domanda anche lo sforzo della concentrazione, della comprensione, dello studio, compresa una valutazione che, in fondo, è sempre e prima di tutto autovalutazione.

Avendo l’occasione di vedere il primo giorno di piccoli e grandi, ho visto qualche differenza. Perché, parlando con alcuni delle superiori, ho sentito il timore della noia e di quell’uffa che serpeggia lo scandire delle giornate di studio.

La differenza qui la fanno non tanto, o non solo, le famiglie, ma in primis i docenti.

Anzitutto le famiglie, nella speranza che i genitori la smettano di essere i sindacalisti dei figli, immolati dalle chat a cause non sempre pertinenti. Mentre dovrebbero sempre confidare nel mistero della crescita dei loro figli, del loro fiorire esistenziale.

Ed in questo mistero della loro maturazione un ruolo centrale ce l’hanno i docenti. Nella speranza che non dimentichino lo sguardo socratico che è nel cuore della loro professionalità. La buona collaborazione tra famiglie e docenti è la vera forma di prevenzione ai mali anche del nostro tempo. Quelli che hanno riempito, purtroppo, le nostre cronache.

E tra i mali vi è anche l’uso non pensato, cioè non educativo, dei social e delle tecnologie. Compresa la mancanza di senso del limite. Per cui, a volte, i “no” valgono più dei soliti “si”.

Per non parlare del dominante narcisismo esistenziale, per il quale ognuno di noi è il proprio ombelico, e tutti debbono o dovrebbero essere a nostra disposizione. Quanti genitori, al dunque, si rivelano essere degli eterni adolescenti!

Per cui, a volte, mi viene da dire che il problema dei nostri ragazzi, in realtà, lo si vede dai loro genitori. Senza con questo fare di ogni erba un fascio. Per cui mi piacerebbe lanciare una proposta: perché le chat tra genitori non si prendono un anno sabbatico, e lasciano ai docenti, comunque disponibili al dialogo, la responsabilità della scuola?

La Svezia, è di questi giorni la notizia, ha messo al bando le tecnologie dalla vita dei bambini: e se lo facessimo anche noi?

Ma questa messa al bando andrebbe fatta prima in casa, da parte dei genitori quando sono con i figli. Per cui sarebbe bello che certe scelte partissero dai comitati dei genitori, e approdassero nei consigli di istituto delle scuole. Non per demonizzare il mondo di oggi, ma per creare delle zone franche per i nostri bambini e ragazzi.

Riprendendo la scuola, sarebbe un modo per concentrarsi sugli aspetti di meraviglia del sapere e della vita, ma con un occhio di riguardo a quel senso del limite che dovrebbe essere una costante in tutti. Per aiutare i nostri ragazzi ad educarsi al buono, al bello, al giusto, al vero. Cioè al senso della vita.

Buona avventura

Gianni Zen

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