Chiunque abbia tra i propri contatti social dei genitori di figli in età scolare sa di cosa stiamo parlando: in questo periodo le bacheche di Facebook, il feed di Instagram e i Per Te di TikTok sono invasi da contenuti che ritraggono bambini pronti per affrontare il primo giorno di scuola, con divise e zaini pronti all’uso, sull’uscio di casa o della scuola.
Come abbiamo spiegato più e più volte, però, sono gravissime le conseguenze della pubblicazione di foto di minori sui social: queste ultime, ad esempio, potrebbero finire nelle mani di pedofili. Per non parlare, poi, nelle conseguenze psicologiche di questo gesto compiuto da genitori che quasi cercano di mostrare al mondo il proprio figlio per vantarsene.
Ad esempio, molti bambini non vogliono fermarsi a fare una foto, ma spesso i genitori quasi li obbligano. C’è anche da dire che spesso quello che per molti figli è un vero e proprio supplizio dura a lungo, perché la mamma o il papà cerca di avere un’immagine perfetta e scatta numerose foto in sequenza, suggerendo al proprio bambino le pose.
“Magari, qualche giorno dopo, davanti all’ennesimo fatto di cronaca su un qualche sequestro di foto e video pedopornografici avvenuto in qualche parte del mondo, chiediamoci da dove arrivi quella ‘porcheria'”, scrive oggi Huffington Post. Ecco la riflessione del giornalista e giurista Guido Scorza:
“Il risultato delle foto dei nostri figli che noi condividiamo sui social, sapientemente – e meno sapientemente – fotomontate su corpi di bambini o riproduzioni sintetiche di bambini intenti in ogni genere di orribile attività sessuale grazie a soluzioni di intelligenza artificiale che, ormai, consentono di realizzare questo genere di contenuti anche a orchi completamente a digiuno di competenze tecnologiche.
Facciamo il mestiere più difficile del mondo e abbiamo, insieme agli insegnanti dei nostri bambini, il compito più difficile in assoluto perché dobbiamo prepararli a vivere in una società che spalanca loro milioni di porte e offre loro opportunità straordinarie ma che, al tempo stesso, è incredibilmente più complessa rispetto a quella nella quale siamo cresciuti, una società nella quale opportunità e rischi sono più vicini e tendono a confondersi nelle stesse piattaforme, negli stessi dispositivi, negli stessi servizi digitali in un tutt’uno indistricabile.
E il problema non è solo il rischio di contribuire alla produzione pedopornografica globale rendendone involontariamente i nostri figli protagonisti. Il problema principale credo che sia l’esempio che diamo ai più piccoli a proposito della linea di confine tra pubblico e privato, tra ciò che ha senso appartenga all’album dei ricordi di famiglia più cari e più belli e ciò che, invece, può essere condiviso con il mondo intero.
Se ci vedono condividere in mondovisione momenti meravigliosamente intimi come la nascita, il primo giorno di scuola, una festa di compleanno, il primo bagnetto o la prima estate al mare, poi dove impareranno a tracciare la linea di confine tra pubblico o privato?
Insomma, quando pubblichiamo una foto dei nostri bambini stiamo, in qualche modo, segnando il loro destino, stiamo decidendo per loro quanto di loro il mondo potrà sapere o non sapere anche in futuro.
Ecco, forse, in occasione del primo giorno di scuola, vale la pena prenderci cinque minuti per una riflessione su queste questioni. Poi, naturalmente, ciascuno faccia le proprie scelte, quelle difficili e, anzi, difficilissime che ci toccano da genitori”.
Noi avevamo già trattato il tema un anno fa. Il nostro collaboratore Dario De Santis, storico della scienza, ha realizzato un reel per sensibilizzare sui pericoli dello sharenting che è stato visto da più di due milioni di persone.
Qualche mese fa abbiamo annunciato l’arrivo della proposta di legge contro lo sharenting e lo sfruttamento delle immagini dei minori sui social presentata alla Camera, frutto di un minuzioso lavoro condotto dalla social media strategist e giornalista Serena Mazzini.
La proposta di legge sbarcata alla Camera dei deputati si intitola “Disposizioni in materia di diritto all’immagine dei minorenni”, ed è stata presentato da Alleanza Verdi-Sinistra a firma degli onorevoli Angelo Bonelli, Luana Zanella, Elisabetta Piccolotti e Nicola Fratoianni.
Come riporta La Repubblica, il testo fa riferimento ai pericoli impliciti allo sharenting che vanno dal rischio di sfruttamento commerciale alla pedopornografia. I tre articoli di cui si compone la Pdl puntano a tutelare maggiormente la privacy dei piccoli: non vietano la loro esposizione mediatica ma la limitano, introducendo per esempio l’obbligo di informare AGCOM con una dichiarazione che dev’essere sottoscritta da entrambi i genitori. Nel caso di guadagni ottenuti dall’esposizione dei bimbi, per limitare il rischio del loro sfruttamento a fini commerciali si propone di vincolare i genitori a depositare gli eventuali introiti in un conto bancario intestato al minore, a cui solo lui potrà accedere una volta compiuta la maggiore età (salvo casi eccezionali). Infine, si richiede che al compimento del 14esimo anno il minore possa ottenere l’oblio digitale, ovvero che possa richiedere di rimuovere dal web tutti i contenuti che lo vedono protagonista.
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