Su Twitter in questi giorni un post ha scatenato un putiferio. In questi giorni molte matricole stanno affrontando il loro primo giorno all’Università. L’autore del post polemizza con chi, e a quanto pare sono in tanti, si fa accompagnare tra i banchi delle aule del proprio ateneo dai propri genitori o parenti.
“Figli trattati come bambini quando invece sono adulti. Danni che vedo ogni giorno. L’Università non è l’asilo. Capisco la discussione della tesi, il primo giorno no. Mancava il grembiulino con il fiocco”, ha argomentato. Insomma, secondo l’utente i figli dovrebbero, perlomeno una volta maggiorenni, acquisire una certa indipendenza. E, soprattutto, i genitori non dovrebbero “viziare” i figli e proteggerli anche in situazioni del genere.
Della stessa opinione sarebbe sicuramente Paolo Crepet: lo psichiatra ha detto più volte di mal digerire le eccessive premure e attenzioni, spesso dannose, dei genitori nei confronti dei loro figli. Ecco le sue parole qualche mese fa: “Dovremmo insegnare ai ragazzi a cavarsela, dando loro gli strumenti per essere indipendenti e autonomi. E invece abbiamo tolto loro tutto e lo facciamo fin dall’asilo: niente pennarelli perché sporcano, niente colla perché è pericolosa. Evitare ogni rischio è il mantra. Ma il messaggio che passa al bambino è che è un idiota che non può fare nulla. Ma senza cadere è impossibile rialzarsi”.
Il tweet ha ricevuto molti attacchi da parte di chi non vede nulla di male nell’accompagnare il proprio figlio il primo giorno di Università, anzi. Ecco alcune testimonianze: “Mio figlio il primo giorno di università era in preda ad un attacco di panico. Ha chiesto il mio supporto e sì, l’ho accompagnato. Non sappiamo i motivi per cui questa madre e questa nonna hanno accompagnato il ragazzo. Quindi mi guardo bene dal fare la seppur minima ironia”, “Io non lo avrei mai fatto, tanto più che stavo a centinaia di km da casa, ma magari per loro è un traguardo importante, magari è la prima persona della famiglia a iscriversi all’università. Ci sono tante storie diverse, ogni tanto fermiamoci a pensarlo. Miglioriamo il mondo”, “Ma siete cresciuti con la cattiveria? Cosa fa indignare esattamente? L’ammirazione? L’amore?”.
Ecco la risposta dell’autrice del post: “Non voglio discutere le tue scelte, ma la crisi di panico in questo caso non c’entra nulla. Lo studente era perfettamente in sè. Così come in molti altri casi, i genitori che si sostituiscono ai figli fino all’università sono ormai una costante. E una piaga”.
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