E’ legittimo respingere la richiesta di accesso civico generalizzato, presentata da un cittadino, agli atti di una sanzione disciplinare inflitta ad un dipendente pubblico, contro la quale pendeva peraltro un contenzioso dinnanzi al Giudice del lavoro.
Così ha deciso il Garante per la privacy con parere espresso nell’ambito del procedimento di riesame, previsto dalla normativa sulla trasparenza.
L’Autorità ha richiamato le Linee Guida sull’accesso civico dell’Anac, le quali prevedono che l’accesso civico generalizzato vada, fra l’altro, respinto quando la conoscibilità indiscriminata dei dati personali potrebbe causare, all’interessato o ai suoi congiunti, danni legati alla sfera morale, relazionale e sociale, come nel caso considerato.
Tra i motivi per il diniego dell’accesso si deve tener conto anche della funzione pubblica svolta dal dipendente, che potrebbe essere esposto a minacce, ritorsioni o turbative. Nel suo parere il Garante ha sottolineato come la disciplina in materia di privacy stabilisca che ogni trattamento di dati debba essere effettuato nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, tenendo conto anche dei diritti alla reputazione, all’immagine, al nome, all’oblio e in generale ai diritti inviolabili della persona.
Secondo il Garante, l’accesso civico generalizzato alla sanzione disciplinare può determinare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali del dipendente e ha confermato il diniego opposto dall’Amministrazione.
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