Sono ormai passati quasi tre anni da quando l’istituto di Nanoscienze di Lecce è stato chiuso. Una storia che ha dell’incredibile in quanto si continua a privare il territorio meridionale di centri di eccellenza in cui giovani ricercatori potrebbero lavorare e produrre importanti studi e ricerche scientifiche, di fatto obbligandoli a lasciare la loro terra per andare altrove.
Il Centro leccese, fondato con la supervisione del professor Roberto Cingolani, era uno dei tre poli d’eccellenza con il National enterprise for nanoscience and nanotechnology di Pisa, che è la sede istituzionale, e il centro S3 di Modena.
Il Cnr ha prima cercato di accorparlo a quello di Nanotecnologia, ma poi non è stato possibile procedere in quella direzione per alcuni obblighi formali previsti per l’accorpamento . Una chiusura che diventa anche simbolica, non solo per i giovani salentini ma per l’intero Mezzogiorno d’Italia. Nel Centro, oltre a sette ricercatori lavoravano anche studenti, dottorandi, assegnisti e professori, per un totale di 30 persone.
Nel gruppo di ricerca ci sono anche tre vincitori dei prestigiosi progetti dell’European research council (Erc), per i quali sarà ora difficile proseguire l’attività legata alle ricerche per le quali hanno avuto grossi finanziamenti. Si ricorda che nel 2005 presso l’IIS di Furci Siculo alcuni di questi ricercatori parteciparono al progetto di didattica “ Le nanotecnologie “, prima esperienza in Italia di divulgazione del nanotech in una scuola secondaria di secondo grado, già riportata in un articolo pubblicato nel 2009 da chi scrive nella rivista creata da Mauro Laeng “ Didattica delle scienze”.
A tal proposito la neonata rete di insegnanti RIOSUM si impegnerà a divulgare nei social queste politiche dannose a tutto il territorio meridionale, cercando di aprire un dibattito sull’argomento
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