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Privilegi o consuetudini? Confronto ragionato tra il nostro sistema scolastico e quello francese

La Francia ha grosso modo lo stesso numero di abitanti, un tessuto sociale con frange emarginate di immigrazione anche più esteso che in Italia, la quale però ha una fortissima emarginazione e disoccupazione giovanile soprattutto al sud.
Tutto sommato quindi in Italia ed in Francia l’istruzione pubblica si trova ad affrontare e risolvere tensioni simili che dalla società ricadono sui giovani da un punto di vista affettivo e relazionale, nonché aspetti inerenti la qualità dell’istruzione come la lingua , la religione , i valori tradizionali in cui ritroviamo matrici e sensibilità comuni.
Ecco che quindi è fuorviante impostare il raffronto dei dati statistici prendendo come riferimento la Germania, dove invece i redditi sono molto diversi,i problemi di emarginazione economica limitati, i costumi,la lingua clima e le consuetudini familiari estranee alla tradizione di matrice latina.
Allora se prendiamo i dati Eurydice più recenti per confrontare il sistema scolastico italiano a quello francese, gli insegnanti francesi , a parità di potere d’acquisto, nel 2004 guadagnavano oltre il 10% in più rispetto a quelli italiani, forbice che sicuramente si è allargata oggi perché in Italia dato che gli stipendi sono bloccati da oltre 2 anni: in Francia nel 2004 lo stipendio di un professore andava dai 1273 ai 2860 euro netti .
Sia in Italia che in Francia vengono remunerate a parte attività aggiuntive che in Italia devono essere svolte a scuola , mentre in Francia no (partecipazione alla gestione, consulenza ad altri insegnanti, etc).
In Francia gli insegnanti ricevono un bonus in carriera anche per esperienze lavorative di altro genere, utili all’insegnamento, in Italia no.
In Francia l’avanzamento in carriera avviene in parte per anzianità, in parte in base ad una nota di merito che considera anche, nella scuola secondaria, la didattica valutata dagli ispettori. Questo permette ad alcuni insegnanti di raggiungere i livelli più elevati di carriera dopo 20 anni, mentre diversamente si arriva al top dopo 30 anni.
Tra le indennità aggiuntive riconosciute agli insegnanti in Francia e non in Italia ci sono:
– Indennità di residenza in aree ove il costo della vita è elevato
– Rimborso dei trasporti pubblici
– Da 1100 a 1300 euro annui di indennità per l’orientamento ed il coordinamento
– Assegni familiari aumentati da un incremento della retribuzione lorda
– Indennità oraria per attività extracurricolari al di fuori dell’orario di servizio
– Indennità speciale di 1097 euro annui per chi opera in aree con forti tensioni sociali
– Altre indennità legate ad attività specifiche.
Passando poi in esame il numero di ore insegnate,da una recente ricerca dell’OECD risulta che nel 2008 il numero di ore annuali di insegnamento nella secondaria di secondo grado superava di poco le 600 ore annue sia in Francia che in Italia ( nel 2009 628 ore in Francia e 619 in Italia)
Il numero di settimane in cui si svolgono le lezioni è di 40 in Germania, 39 in Italia e 35 in Francia
L’età della pensione per gli insegnanti in Francia è di 60 anni.
Un discorso a parte meritano le ferie degli insegnanti in tutti i paesi d’Europa:
esse corrispondono alla chiusura delle scuole che rimangono aperte al massimo per 200 giorni solo in Italia , in Germania ed in Olanda.
La differenza eclatante sta nel fatto che nei paesi nordici , Germania in testa , le scuole chiudono solo un mese in estate per evidenti motivi climatici, ma poi ci sono periodi di riposo più lunghi durante l’inverno e la primavera
I paesi in cui si va a scuola meno sono la Spagna, la Francia ed il Belgio. Quelli in cui si va a scuola di più sono la Germania , l’Italia e l’Olanda.
Da un esame delle fonti Euridyce si rileva che il servizio degli insegnanti a scuola è obbligatorio:
– in Belgio dal primo settembre fino al 30 giugno per un massimo di 184 giorni
– in Finlandia si inizia intorno al 20 agosto e si finisce agli inizi di giugno per un massimo di 190 giorni di lezione annue
– La Francia inizia l’anno scolastico il 3 settembre e finisce il 6 luglio per un massimo di 180 giorni annui di lezione
– In Germania si va in genere dal 1 agosto al 31 luglio per un massimo di circa 200 giorni (nella maggior parte dei Lander)
– In Italia nelle secondarie di secondo grado si va dall’ultima settimana di agosto (per l’ammissione di chi ha il giudizio sospeso) alla prima di luglio (per gli esami di Stato), per un massimo di 200 giorni di lezione (l’Italia è l’unico paese che fa partire l’anno scolastico il primo settembre e lo fa finire il 31 agosto)
– La Spagna prevede l’inizio dell’a.s.il 1 settembre e la fine il 30 giugno, per un massimo di 175 giorni di lezione
– In Turchia si va da settembre a giugno per 180 giorni di lezione
Una riflessione su questi dati deve far pensare che considerando la particolare intensità ed importanza delle attività legate all’apprendimento, in tutta Europa si considera che l’impegno massimo non può superare i 200 giorni annui circa, consuetudine che risponde a necessità di aggiornamento, approfondimento, riposo psicofisico necessario per dare impulso all’impegno ed al rinnovamento educativo, didattico, pedagogico e culturale.
Non si capisce come chi viene da ambienti universitari, ove il tempo dedicato all’auto formazione dai docenti è assai maggiore , possa non conoscere e comprendere queste necessità.
Mettere il corpo insegnante alla berlina davanti all’opinione pubblica con l’accusa velata di privilegio per la lunga pausa estiva significa delegittimare davanti alle famiglie ed agli stessi studenti personale qualificato che spende grande parte del tempo passato fuori dalla scuola per attività propedeutiche all’insegnamento o per attività obbligatorie per contratto, ma non conteggiate e non retribuite,come quelle facenti parte della stessa funzione docente :la programmazione didattica e la correzione delle verifiche scritte. Nei paesi in cui queste attività vengono svolte a scuola, esse sono anche remunerate ed in genere vengono quantificate in 15 ore settimanali aggiuntive
A questo proposito la menzionata ricerca OECD rileva che:
« La réglementation du temps de travail des enseignants varie sensiblement selon les pays. Les enseignants sont légalement tenus de travailler pendant un nombre d’heures déterminé par an dans la plupart des pays. Dans certains pays, toutefois, seul le nombre d’heures d’enseignement par semaine est spécifié, et le temps de travail hors enseignement (à l’école ou ailleurs) nécessaire par heure de cours peut faire l’objet d’estimations. »
In base alla stessa ricerca si stima che mediamente l’insegnamento vero e proprio rappresenti circa il 40 % dell’impegno professionale degli insegnanti, i quali svolgono le altre attività funzionali all’insegnamento in alcuni casi sempre a scuola, in altri casi in parte a scuola in parte fuori .
L’insegnamento è un lavoro che richiede una fortissima motivazione caratteriale, culturale, affettiva e relazionale ed in Europa si è capito fin dai tempi dello stato liberale che non si possono remunerare con denaro queste qualità; ecco allora che è nata la consuetudine, anche dove gli stipendi sono assai più alti che in Italia, di non far lavorare a scuola gli insegnanti quando gli allievi sono in vacanza , perché la produttività non è data solo dal numero di ore di lavoro formalizzate.
Vorrei ricordare anche che gli insegnanti sono stati tra i primi a fare sacrifici in italia con il blocco degli stipendi di due anni fa.
Per concludere sono convinto che chi esalta lo spazio che la tecnologia informatica deve avere nelle lezioni in classe, anche come strumento per aumentare il numero di allevi per dcocente, non ha capito che la suola e’ l’unico posto in cui i ragazzi si ritrovano ancora tra coetanei per imparare a convivere civilmente, a comunicare verbalmente e a collaborare: il “direttore d’orchestra” va bene per persone gia’ formate e specializzate.
I nostri ragazzi a casa sempre più spesso non vedono ne’ genitori, ne’ nonni , ne’ parenti e devono mettersi davanti a una tv o a un video game per passare il tempo. Questo li impoverisce molto sul piano della comunicazione verbale e alla fine anche nella crescita affettiva e relazionale.
Ergo quello di cui hanno bisogno disperato e’ di passare almeno il sabato in famiglia e poi di andare a scuola per ritrovare la sicurezza del loro gruppo di amici, in una classe poco numerosa dove si impara anche collaborando e comunicando civilmente, verbalmente e non, con al gestualita’ ,gli sguardi, i sorrisi etc
Michele Partesotti

Redazione

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