L’Ufficio scolastico regionale per l’Umbria ha convocato, per il 5 febbraio prossimo, per il contraddittorio in sua difesa, il professor Franco Coppoli, reo di aver rimosso i crocifissi dalle aule in cui insegna presso l’Istituto Tecnico Industriale e Geometri “Allievi-Da Sangallo” di Terni.
L’Ufficio per i procedimenti disciplinari contesta al professor Coppoli, cui l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar) presterà assistenza legale, «il fatto che abbia divelto dalle pareti di quattro aule in cui fa lezione i crocefissi fissati con una vite a pressione e con la colla provocando dei danni alle pareti durante le ore di lezione e che successivamente sempre durante le attività didattiche abbia proceduto personalmente a chiudere i fori». Contestualmente l’Ufficio «evidenzia che i fatti che si contestano, la rimozione del crocefisso dalle aule, sono stati oggetto di precedente procedimento disciplinare a suo carico e che pertanto rappresentano una recidiva».
Una notizia, comunicatagli il 9 gennaio, cui fa il paio la sentenza della Corte d’Appello di Perugia che, il 15 ottobre scorso, ha respinto il ricorso presentato dal docente contro la sentenza con la quale il Tribunale di Terni, nel marzo del 2013, ha ritenuto insussistente la discriminazione denunciata da Coppoli e legittima la sospensione di trenta giorni inflittagli per aver rimosso il crocifisso dalle aule dell’Istituto professionale “Alessandro Casagrande di Terni, dove all’epoca prestava servizio.
I fatti risalgono al 2008 quando Coppoli si rifiutò di ripristinare i crocifissi nell’aula della classe III A – come invece deciso da un’assemblea di classe e intimatogli dal dirigente dell’Istituto – e fu per questo sospeso per un mese dall’insegnamento.
Per la Corte d’Appello di Perugia, contro la cui sentenza Coppoli ha annunciato che presenterà ricorso in Cassazione, non «sembra configurabile una discriminazione» perché le «disposizione del dirigente scolastico, concernenti l’esposizione del crocifisso, erano dirette non al solo professor Coppoli, bensì a tutti i docenti che operavano nella classe III A» e dunque «non comportavano una disparità di trattamento del Coppoli rispetto a quello riservato agli altri insegnanti». La Corte d’Appello ritieni altresì che Coppoli non abbia alcun titolo per dolersi della «supposta violazione» dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione e di laicità dello Stato poiché questi «danno origine non a diritti soggettivi dei singoli, bensì a interessi diffusi, ossia della collettività nel suo complesso». Richiamandosi quindi alla ormai famigerata sentenza del 2011 della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo la Corte sostiene che l’esposizione del crocifisso nei luoghi di lavoro «non possa costituire un fattore tale da condizionare e comprimere la libertà di soggetti adulti, dotati, come nel caso dell’appellante, di un livello di istruzione elevato e dunque, presumibilmente, di uno spirito critico più spiccato rispetto a quello dell’uomo medio, intellettualmente e culturalmente meno attrezzato».
«Ancora oggi – è il commento dell’Uaar – cercare di insegnare o esercitare la propria attività lavorativa in luoghi pubblici non connotati da alcun simbolo religioso è difficile e pesante. Basti pensare alla vicenda del giudice Luigi Tosti, a quella del prof. Davide Zotti e a quella che vede coinvolto il prof. Franco Coppoli: il cammino per i diritti civili e la laicità dello Stato, nel nostro Paese, è ancora in salita, ma l’Uaar è e sarà uno strumento di tutela e solidarietà concreta in queste importanti battaglie civili».
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