La contestazione degli addebiti è il primo atto con cui prende avvio ogni procedimento disciplinare.
Ovviamente deve essere un atto scritto e deve contenere una indicazione chiara: l’Amministrazione cioè deve comunicare al dipendente di avere l’intenzione di avviare un procedimento disciplinare.
Soprattutto, la contestazione deve contenere riferimenti espliciti, precisi e circostanziati ai fatti contestati che, ovviamente, devono riguardare comportamenti che contrastano con i doveri d’ufficio.
Per esempio, non basta che nell’atto si parli genericamente di “ritardi nell’orario di ingresso a scuola” ma è necessario che vengano precisate le circostanze: “le contesto che il giorno 22 maggio lei è arrivato a scuola alle ore 11, mentre il suo orario prevedeva l’entrata alle ore 10”.
E’ necessario anche che siano indicate le “prove” già in possesso dell’amministrazione (nel caso dell’orario possono essere il registro delle firme di presenza, le annotazioni nel registro elettronico o altro ancora).
La precisione nella contestazione è assolutamente essenziale perchè al dipendente deve essere consentita ampia possibilità di difesa. Una contestazione sommaria e imprecisa, infatti, non consentirebbe all’incolpato di difendersi in modo adeguato.
Un aspetto molto importante riguarda i tempi: la contestazione va fatta entro 30 giorni dall’evento con rilevanza disciplinare o, per essere più precisi, entro 30 giorni da momento in cui l’Amministrazione viene a conoscenza del fatto.
Passato questo periodo l’Amministrazione non può più avviare il procedimento: il principio era contenuto già nel TU sul pubblico impiego 165/2001 ed è stato confermato anche con il decreto Madia 75 del 2017.
La scadenza del termine di 30 giorni fa venir meno la possibilità di contestare gli addebiti ma fa insorgere al tempo stesso una precisa responsabilità a carico del dirigente che avrebbe dovuto dare avvio al procedimento.
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