“È la didattica stessa che si deve trasformare. Noi stiamo proponendo un modello, che abbiamo costruito collaborando con le aziende che producono software, piattaforme e applicazioni, con le istituzioni, ma sempre partendo dalle necessità della scuola, raccogliendo gli input degli studenti”: così dice la vicepresidente, e docente di latino e italiano al liceo scientifico Lussana di Bergamo, dell’associazione “Impara digitale” .
L’evento, pubblica La Stampa, è organizzato in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo, e vedrà come protagonisti gli studenti e i docenti, in dialogo con esperti nel tentativo di migliorare le criticità.
La giornata sarà aperta dalla giovanissima Blanca Zamperini, figlia di Marco, il “funkyprofessor” del web italiano da poco scomparso, che racconterà la sua esperienza di nativa digitale, accompagnata dall’On. Stefano Quintarelli , già presidente di ImparaDigitale, e da Francesco Sacco, professore dell’Università Bocconi, tra i coordinatori dell’Agenda Digitale Italiana.
Il momento centrale sarà però rappresentato dal processo vero e proprio: sul palco due schieramenti di studenti, che presenteranno tre esperienze pro e contro la scuola digitale. Queste storie saranno la base per il dibattito, moderato dai chairman Guido Romeo (Wired), Susanna Pesenti (L’Eco di Bergamo), Pierangelo Soldavini (Nova24) ed Emil Abirascid (Innov’azione), che coinvolgerà gli oltre mille studenti partecipanti, esperti di tecnologia, rappresentanti dei settori dell’editoria e delle aziende, e professori.
E la vicepresidente sottolinea: “Sono riuscita a far sedere attorno a uno stesso tavolo rappresentanti di Samsung, Apple, Microsoft, Adobe, diversi editori e abbiamo iniziato un percorso insieme. Fino ad ora la scuola si è sempre trovata a dover correre dietro alle aziende, agli editori, ha dovuto adattarsi. Quello che vogliamo fare è spostare il focus, diventare parte attiva del cambiamento, dando le indicazioni su quello che ci serve, su come devono essere i software per risultare funzionali, su quali app o quali piattaforme migliorano il nostro lavoro, su come devono essere i nuovi libri di testo”.
Le risposte positive sono arrivate non solo dai privati, anche le Istituzioni sono interessate al modello proposto da ImparaDigitale: “Siamo stati ricevuta dal Miur, che ha giudicato la nostra esperienza assolutamente in linea con le loro politiche e lo scorso mese di ottobre il Ministro Maria Chiara Carrozza è venuta a trovarmi in classe per vedere come lavoriamo”.
Punto fermo di ImparaDigitale, rimane il movimento “dal basso”, dice ancora la docente di Bergamo: “Ci muoviamo ascoltando le esigenze della scuola e cercando le migliori soluzioni. Al momento mi sembra che i punti deboli, su cui si deve maggiormente lavorare, siano le infrastrutture e i docenti, troppo abbandonati a se stessi. Ad oggi, ne abbiamo raggiunti circa 10mila e ne abbiamo formati 3mila”. C’è ancora tanta strada da fare, ma la direzione sembra quella giusta. Lo confermano anche i risultati scolastici: la scorsa estate hanno affrontato l’esame di Maturità le prime “classi digitali”, superandolo brillantemente, pur avendo seguito un percorso di apprendimento diverso rispetto a quello tradizionale.
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