Torna far parlare di sé Franco Coppoli, il docente di Italiano e Storia che nel dicembre del 2008 era già finito al centro delle cronache per avere rimosso il crocifisso dall’aula durante le sue ore di lezione: il docente ternano è tornato alla ribalta per avere impedito ad alcuni agenti della polizia di entrare nella classe dell’istituto per geometri ‘Sangallo’, dove insegna, interrompendo in tal modo un controllo antidroga che aveva riguardato vari istituti della città.
L’episodio si è verificato nel corso dell’operazione svolta dalla Questura, anche con un’unità cinofila, all’interno di quattro scuole superiori cittadine: il docente dopo avere saputo che la polizia era stata autorizzata dal dirigente scolastico ad entrare e perquisire i locali, si è opposto all’interruzione dell’attività didattica nella propria classe, riuscendo ad ottenerne l’allontanamento degli agenti dall’aula.
“L’educazione e la didattica – spiega Coppoli – non si devono appiattire per colpa di un evento repressivo che non ha logica. La mia battaglia di oggi, che va distinta da quella del crocifisso, è per gli spazi liberi e l’educazione. Attendo di conoscere le contestazioni che mi vengono rivolte e poi risponderò”.
Anche stavolta con il professor Coppoli si sono schierati i Cobas, che dicono “no alla polizia a scuola” perché “le scuole non sono caserme”.
Intanto, però, nei confronti del professore è stato aperto un procedimento disciplinare da parte del dirigente scolastico pro tempore. In base a quanto comunicato dalla scuola a Coppoli, gli atti sono stati trasmessi all’Ufficio scolastico regionale dell’Umbria.
Sull’eventuale provvedimento disciplinare potrebbe pesare il precedente del febbraio 2009, quando il professor Coppoli, che in quel periodo insegnava in un istituto professionale commerciale, sempre di Terni, aveva motivato il suo comportamento per rivendicare la libertà di insegnamento, la libertà religiosa e la laicità dello Stato della scuola pubblica, ma soprattutto in nome dell’uguaglianza di tutti i suoi studenti. Una parte di questi non era però d’accordo: sporse reclamo al dirigente scolastico e alcuni scrissero anche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Da qui la richiesta di giudizio da parte del Consiglio di disciplina nazionale che decise di sospenderlo per un mese.
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