Ancora novità sul caso di Maria Cristina Finatti, la docente che è stata raggiunta da alcuni spari provenienti da una pistola ad aria compressa mentre faceva lezione, lo scorso ottobre, all’istituto Viola Marchesini di Rovigo. Dopo che i vari media, tra cui Le Iene, hanno raccolto i commenti delle varie parti coinvolte, la dirigente scolastica, la docente stessa e un genitore, finalmente si sa qualcosa a proposito dello studente responsabile del gesto.
A Il Corriere del Veneto ha parlato Nicola Bergamini, l’avvocato difensore del ragazzo che fa parte della prima superiore incriminata, i cui componenti sono tutti stati denunciati dalla prof: “L’autore degli spari sta facendo di tutto per rimediare. Dopo il fatto, si è immediatamente autodenunciato alla dirigente scolastica. Lui e la sua famiglia si sono scambiati anche gli auguri di Natale con la docente”, ha riferito.
A quanto pare lo studente starebbe passando un periodo non facile: “Il ragazzo oggi si sente turbato e preso di mira a scuola ma ha chiesto scusa alla professoressa, a cui ha regalato una medaglia di primo premio vinta durante una gara”. Le scuse, quindi, sono arrivate, anche se non si sa se dopo o prima la denuncia.
Il ragazzo, un 14enne, avrebbe compiuto il gesto per partecipare ad una sfida con i propri compagni di classe. Le scuse, quindi, sono arrivate, come ribadiscono i genitori: secondo questi ultimi prima che la Finatti fosse stata trasferita in un’altra sezione avrebbe ricevuto le scuse corali alla presenza del vicepreside e di una insegnante in classe. L’avvocato del ragazzino ha anche tenuto a sottolineare che molto è stato fatto, in questi mesi, dalla sua famiglia.
“È un caso altamente emblematico, il Ministro vuole seguirlo personalmente dato che rappresenta il paradigma di quello che non deve accadere in classe e dell’assenza di rispetto”, ha dichiarato Carmela Palumbo, direttrice generale dell’Ufficio Scolastico regionale.
Quest’ultima ha cercato di tracciare il contesto in cui si sviluppano vicende del genere, dando la colpa, anche se non del tutto, alla pandemia: “La vicenda ci racconta di un malessere profondo di questi ragazzi che sono quelli della ‘generazione covid’: i tre anni scolastici segnati dalla pandemia alle scuole medie coincidono con il percorso formativo di questi giovani in quel periodo travagliato che, non per loro volontà, è venuto meno il senso della comunità educante. Si sono trovati alle superiori privi degli strumenti comportamentali e cognitivi adatti, anche se non va giustificato quanto fatto. C’è stata una mancanza della scuola, della quotidianità, con queste stupidate gratuite rivelano che non sanno stare assieme con gli insegnanti”, ha concluso.
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