Abbiamo ampiamente riportato il caso della docente colpita con pallini provenienti da una pistola ad aria compressa mentre si trovava in classe fare lezione lo scorso ottobre in una scuola di Rovigo. Il caso ha alzato un vero e proprio polverone, trainato anche dalle dichiarazioni di Luciana Littizzetto a proposito dell’empatia dei docenti.
La professoressa, Maria Cristina Finatti, ha rilasciato una nuova intervista a La Repubblica in cui ha commentato le parole della comica e ha raccontato ulteriori dettagli di ciò che è successo in seguito all’aggressione. “Difficile che uno mi possa dire che non ho interessato gli studenti, solo chi non mi conosce può parlare così. Una che dice queste cose non la considero neanche. Che fa la Littizzetto, ha una parola per tutto? E perché ha lasciato la scuola? Ha trovato di meglio nel mondo dello spettacolo? Io la scuola non la lascerei anche se dovessi trovare di meglio. E poi, mi chiedo, Luciana Littizzetto che cosa fa per i giovani? La verità è che bisogna farli lavorare e io da loro pretendo. Oggi, però, i ragazzi, tutti, non solo quelli che mi hanno fatto del male, mi spaventano”, ha commentato con amarezza.
Ancora, c’è da sottolineare, non è arrivata nemmeno una parola di scuse ufficiali della Littizzetto, chieste effettivamente dalla stessa docente, che potrebbe anche agire per vie legali.
La Finatti ha dato un profilo preciso degli studenti che l’hanno aggredita in modo così subdolo: “Cercano i follower, la condivisione sui social. E subito dopo cercano i soldi. Perché non hanno educazione, né un sentimento di riconoscimento del prossimo. Perché non si rendono conto di quello che fanno e io proprio non riesco a perdonarli. Sono difficili da tenere. Se li fai studiare, si ribellano. Se non gli fai fare niente, abbassano la conflittualità. Vorrebbero quello: non fare niente”, ha detto, con esasperazione.
Ecco cosa è balzato nella mente della docente nei momenti in cui è stata colpita: “Con il primo proiettile avevo lasciato andare. Ho continuato a fare lezione. Non avevo niente in mano, forse i dirigenti non mi avrebbero neppure creduto. Con il secondo sparo sono andata dalla preside”, ha raccontato.
A quanto pare questa non ha ricevuto l’attenzione che necessitava dalla dirigente scolastica: “Mi ha detto ‘vai a casa’. Così, senza neppure accompagnarmi, farmi accompagnare. Mi sono sentita subito sola. Mi avevano sparato ed ero io il problema, sembrava fosse colpa mia, che avessi fatto male in classe. Non ha neppure chiamato i carabinieri. Avrei dovuto andarci io, coni i pallini in mano. Invece li ho consegnati al vicepreside. La preside mi ha tenuto fuori da tutto, non so nulla dell’inchiesta interna. Mi ha tolto tre classi, questo sì, di nove che ne avevo. Ho temuto che me le togliesse tutte e nove”.
La vicenda è esplosa in seguito alla diffusione del video dell’aggressione, che a conti fatti ha contribuito a dare al caso l’attenzione che merita: “Credo che senza video, e la pubblicità al caso che ha imposto, la vicenda degli spari si sarebbe chiusa. Oggi, dico, senza quelle immagini così plateali non saprei come difendermi”, ha detto la prof.
E i genitori? Nemmeno loro hanno supportato la docente: “Uno ha proposto una lettera di scuse, gli altri ventitré l’hanno bocciata. Dei figli a loro interessano solo le valutazioni. Non importa se copiano, basta che portino a casa il buon voto. E i ragazzi copiano, altroché. Molti genitori, sa, a casa non ci sono mai”.
E, su chi l’ha accusata di essere troppo buona con gli alunni: “Non può essere una vergogna essere buoni, credo che dare agli altri sia importante e mi riconosco in pieno nelle indicazioni della religione cattolica. Compresa l’importanza di perdonare. So anche sopportare, ma questo non vuol dire che in classe, alle interrogazioni, non dia i miei 3. Con loro parlo, forse troppo. Mi credono quasi una sorella”.
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