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La scrittrice e insegnante Ardone: “Il docente non è un bersaglio che in cambio si gode tre mesi di vacanza e fa un lavoro che sanno fare tutti”

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La vicenda della professoressa Finatti, docente di scienze all’istituto Viola Marchesini di Rovigo colpita, lo scorso ottobre, da pallini provenienti da una pistola ad aria compressa mentre faceva lezione, ha generato un ampio dibattito in merito alle sempre più frequenti aggressioni agli insegnanti da parte degli studenti, soprattutto dopo le parole di Luciana Littizzetto, che ha parlato di professori poco empatici che non riescono a “tenere la classe”.

L’insegnante e scrittrice napoletana Viola Ardone ha fatto una lunga e poetica riflessione sull’accaduto e sulla bufera mediatica che si è creata, estendendola alla condizione dei docenti in generale nel mondo di oggi. Il suo intervento è stato pubblicato su La Stampa.

“Tra noi docenti per dire che uno ci sa fare con i ragazzi usiamo quest’espressione: ‘Sa tenere la classe’. Chi sa tenere la classe è come un capitano scaltro che conosce i venti e regola le vele per portare ogni giorno di ogni quadrimestre di ogni anno la nave in porto, possibilmente con tutti i passeggeri a bordo”, ha esordito.

Genitori, cellulari e poca considerazione

La Ardone ha spiegato con alcune metafore le difficoltà affrontate dagli insegnanti, dalle intrusioni dei genitori alle distrazioni degli studenti causate dagli smartphone: “Il fatto è che però governare la nave diventa sempre più difficile di anno in anno. Forse perché quella barca si sta facendo un po’ troppo affollata: non ci siamo solo noi e loro a condividere lo spazio e il tempo della lezione, ma anche altre presenze immateriali ma non per questo meno invadenti. Ci sono i genitori, ad esempio, che qualche volta si ergono a difensori strenui dei loro figli anche quando sono indifendibili. E poi i telefonini, che come moderne Sirene di Ulisse minano continuamente l’attenzione, confondono la rotta e rendono incerta la navigazione”.

Ciò che è più grave, secondo la scrittrice, è la scarsa considerazione di cui “godono” i docenti nella nostra società: “E infine c’è una certa idea dell’insegnante che è quel povero diavolo pagato pochi spiccioli e che in cambio si gode tre mesi di vacanza e fa un lavoro che in fondo sapremmo fare tutti. Poco più di un bersaglio da tirassegno, messo nel baraccone che è la scuola a destreggiarsi tra le mille emergenze quotidiane per l’intrattenimento dei ragazzi. E credo che, tra tutti, sia questo il colpo più doloroso. Quello di una professione sempre più misconosciuta, sempre più bersagliata, e non solamente dagli alunni”, ha concluso, con amarezza.