Prof di tedesco precaria da 34 anni. Riassunta così la storia ha dell’incredibile ma nella nostra scuole esempi simili non mancano. L’insegnante, dice l’Anief, è una donna laureata in lingue e letterature straniere, che ha iniziato a firmare contratti a tempo determinato nella scuola pubblica, come docente di lettere, nel lontano 1979.
Dopo alcuni anni la sua posizione è stata cancellata ed ha ricominciato a fare supplenze come docente di lingue. Oggi è seconda in graduatoria ad esaurimento, ma la carenza di posti liberi ancora non le garantisce di essere assunta in ruolo prima che vada in pensione.
In modo particolare per l’insegnamento delle lingue straniere vige la regola della scelta da parte dell’alunno di una tra le lingue comunitarie e come è immaginabile nei confronti del tedesco c’è una sorta di ostracismo essendo da tanti, a torto, considerata lingua difficile e astrusa, poco musicale e chi più ne ha più ne mette.
Cosicchè all’atto dell’iscrizione da alcuni anni a questa parte è preferito lo spagnolo, penalizzando dunque anche il francese che è stata da sempre la seconda lingua straniera più scelta nelle secondarie superori. Le mode incidono anche nella definizione e nella scelta della lingua e della civiltà straniera e i presidi, piuttosto che garantire l’organico, prefeirscono assecondarle famiglie. Casi simili dunque non sono isolati.
L’Anief, per denunciare il precariato ormai imperante e endemico nella nostra scuola, ha scelto una storia simbolo, per lanciare l’allarme: come lei, con percorsi professionali travagliati e senza mai aver tagliato il traguardo dell’agognato ruolo, ce ne sono a decine di migliaia.
Hanno iniziato la loro carriera da insegnanti nei primi anni Ottanta. Oggi, ormai ultra-cinquantenni, con abilitazioni, idoneità, master e specializzazioni incamerate, si ritrovano uniti da un destino professionale a dir poco beffardo. Ma la loro non è soltanto una storia di sfortuna.
Sempre più docenti, dopo lungo tempo trascorso a fare supplenze annuali, preliminari al ruolo, anziché accedere finalmente alla stabilizzazione, si ritrovano nel “girone” delle supplenze brevi. È una situazione paradossale, che ha toccato l’apice con i 200mila posti tagliati negli ultimi sei anni, con la riforma Gelmini, che ha introdotto le classi-pollaio e ridotto il tempo-scuola ai minimi termini, con i 2mila istituti soppressi malgrado il recente parere contrario della Consulta. Con province dove si annoverano punte del 50 per cento di personale precario. E con le graduatorie che a dispetto del proprio nome, destinate all’esaurimento, hanno raggiunto la presenza record di 250mila candidati.
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