Oltre un anno di Dad, seppur a fasi alterne, ha svilito gli studenti, privati del contatto con i propri compagni di classe, del rapporto con i professori e di tutte quelle cose che una scuola rappresenta. Una professoressa di latino e greco del liceo Vittorio Emanuele II di Napoli, ha ricevuto una toccante lettera da parte di un’ex alunna che ha voluto raccontare le sensazioni provate in questi mesi:
Buonasera prof,
avrei intenzione di condividere con lei l’entusiasmo di queste prime settimane.
Non so se le mie prime impressioni siano influenzate da una visione edulcorata ed illusa di questo post-biennio (che comunque può essere solo migliore del biennio) dovuta alla volontà di non ricadere in quello stato angoscioso durato fino all’inizio dell’estate. Forse in parte sì, ma non credo di tornare a casa soddisfatta solo per autoconvinzione.
Quello che mi ha fatto stare male per un anno e mezzo, cioé per tutto il periodo della dad, è stato il non riconoscermi più come alunna, dunque anche un po’ come persona. Mancavo di disciplina, di curiosità, di precisione sia nello studio sia nelle mie piccole passioni personali, che per me sono importantissime. E l’unico espediente per una coscienza pulita non poteva essere che l’autocolpevolizzazione. Ma così facendo cadevo in un circolo continuo di demoralizzazione e di conseguente incapacità di agire come avrei sempre fatto.
Le sensazioni che ho descritto mi sembrano ora piuttosto lontane e quasi non le capisco.
Si è rinnovata ora dopo tempo la gioia di andare a scuola e, dal fantasma con la videocamera spenta che ero, ho ripreso ad intervenire, a partecipare, ad ascoltare davvero, e questo anche e soprattutto perchè me ne viene data la possibilità. I tempi delle lezioni “unidirezionali”, dei “vasi da riempire”, come ci disse lei una volta a proposito di Danilo Dolci, sembrano essere finiti. Sarò esagerata forse, ma io percepisco anche un piccolo accenno di quella maieutica, di quello “scambio” di cui ci parlò lei stessa. In particolare in filosofia, in storia e in italiano mi sento di “fare” attivamente la lezione insieme alle professoresse. E i loro sguardi d’approvazione non fanno altro che contribuire al desiderio di continuare su questa linea. Ho finalmente la sensazione di avere il pane per i miei denti, di poter trarre soddisfazione da quello che non solo son costretta, ma anche che voglio spontaneamente fare. Mi ritengo una persona che si appassiona con poca difficoltà, anche molto intensamente, e non ne avevo conferma da un po’ troppo. A sentirmi qualche mese fa avrei parlato d’utopia.
Riesco già a percepire, grazie a queste piccole provocazioni e input quotidiani, di star riprendendo a crescere lentamente. Dico “riprendendo” perchè ho tuttora l’impressione, molto probabilmente sbagliata, di non aver fatto alcun progresso dall’inizio del quarto ginnasio fino alla fine del quinto, o almeno nessuno che mi ero auspicata di fare.
Spero non sopraggiunga mai un’eventuale disillusione”.
G., III anno, Liceo Vittorio Emanuele II, Napoli
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