Sarà l’ufficio scolastico periferico del ministero dell’Istruzione a informare l’assessorato regionale alla Scuola sull’esito dell’inchiesta relativa al professore presentatosi in classe vestito da donna.
Lo ha indicato l’assessore della giunta veneta Elena Donazzan. “Come assessore – ha spiegato- non ho praticamente poteri. Un po’ poco per rispondere al giusto sdegno dei genitori degli alunni. Intanto il sen. forzista Giovanni Piccoli presenterà interrogazione”.
Riusciamo però a immaginare cosa avrebbe fatto l’assessore se avesse avuto i pieni poteri, mentre si capisce bene che la strada per una armonica convivenza con chi appare diverso è lunga.
Intanto la nomina del prof transessuale, riporta il Corriere della Sera, ha creato scompiglio e mandato su tutte le furie un padre che ha deciso di scrivere una lettera all’assessore all’istruzione della Regione Elena Donazzan. «Nessuno era al corrente del fatto, i genitori non erano stati avvertiti, perfino i docenti non ne sapevano nulla. Lascio a lei immaginare i volti dei ragazzi, qualche risata certo c’è stata ma lo choc è stato più grande al punto che una ragazza di un’altra classe si è sentita male. A distanza di un giorno nessuno della dirigenza scolastica è intervenuto con nessuno. Non se ne sa nulla». Intanto in poche ore dall’arrivo della lettera l’assessore regionale ha pubblicato la notizia su Facebook chiosando con un «traete da soli le vostre conclusioni».
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E, qualche ora dopo, ha chiesto da parte della dirigenza regionale un’ispezione. «Non è possibile una cosa del genere – tuona Donazzan – che un docente arrivi con la parrucca finta, col seno finto, coi tacchi. Trovo squallida questa esasperazione di sé, quasi a voler scioccare. Dal mio punto di vista non è adatto all’insegnamento. Perché per farlo bisogna aver un equilibrio. Chiederò di prendere dei provvedimenti. La sua sfera dell’affettività è un fatto personale. Ma quello che è accaduto è grave. Ci preoccupiamo molto del presepio a scuola per non urtare la sensibilità degli studenti musulmani. E questo allora?».
Dalla scuola intanto arriva solo un no comment, per ora. «È un docente e come tale va rispettato ».
Ma anche il direttore dell’ufficio scolastico di Venezia è intervenuto: «Il giorno dell’accaduto mi aveva chiamato il preside – spiega lui – ci ha detto che non era stato avvisato e chiesto come doveva comportarsi. Ora devo sentire il direttore Daniela Beltrame. Personalmente penso che forse la docente avrebbe potuto scegliere altri modi e tempi ma la mia opinione è anche che la scuola richieda competenze didattiche e non altro. E che le scelte personali non rientrino nell’analisi dei compiti del docente».
Introvabile, scrive Il Corriere, la direttrice dell’ufficio scolastico regionale, mentre sulla questione è intervenuta Porpora Marcasciano, presidente del Movimento italiano transessuali: «Quello di questi giorni non è il primo caso in Veneto tra i docenti – spiega – ne ricordo una a Vicenza ad esempio. In quel caso la scelta della persona fu quella di un confronto morbido che arrivò preparando la scuola i colleghi, gli alunni. In questo periodo però mi rendo conto che la cosa sia molto più difficile, con tutte queste acque agitate per un problema che non esiste: l’insegnamento del Gender a scuola. Qui si sta parlando della vita delle persone. E non lo stiamo facendo nella maniera giusta». In Friuli un altro prof di fisica fece esattamente la stessa cosa all’Istituto Einstein, arrivò da un giorno all’altro in classe con la sua nuova identità di donna.
«L’accaduto dimostra una volta di più come sia importante che la scuola si occupi di educare gli alunni alle diverse espressioni dell’identità di genere – dice una delegata ai diritti civili a Venezia durante la giunta Orsoni- un percorso prima viene affrontato meglio educa al rispetto di ogni essere umano. È la conoscenza che permette al professore di sentirsi libero di essere Cloe e agli studenti di accogliere il cambiamento con serenità».
In queste ore concitate, mentre Cloe Bianco ha scelto il no comment, qualche genitore ha affiancato la voce del padre che ha scritto alla Donazzan: «Mia figlia è arrivata lo stesso giorno da me dicendomi la stessa cosa, ed io le ho spiegato che il coraggio della sua professoressa e dello stesso preside dovrebbero averlo in molti. Non capisco quale atto abbia fatto sconvolgere così tanto quel genitore: suo figlio ora apprenderà qualcosa di più dalla scuola, ovvero che in questo mondo siamo persone e non etichette».