Non corrisponderebbe al vero la notizia della professoressa di una scuola superiore di Alessandria, supplente disabile, presa di mira da alcuni suoi allievi fino ad essere immobilizzata con lo scotch alla sedia, con tanto di calci tirati a turno sulla stessa sedia: dopo l’indignazione generale per l’accaduto, nella serata del 28 marzo i genitori degli studenti hanno pubblicato un comunicato nel quale spiegano che la docente sarebbe stata derisa e offesa, ma non legata. E per questo ritengono che sul caso si siano accesi troppi riflettori.
“Vittima questa volta sono i ragazzi – scrivono in un comunicato che dicono ‘condiviso’ con la scuola – si sono visti descrivere come delinquenti, sono stati demonizzati ingiustamente. È vero che hanno mancato di rispetto ad una insegnante che per altro ha delle difficoltà fisiche, deridendola e non dando ascolto alle sue richieste, è vero che è intervenuto un ragazzo più grande a riportare ordine, ma è assolutamente falso ed infamante che l’insegnante sia stata legata su una sedia, che sia stata presa a calci e pugni la sedia stessa. Come è assolutamente falso che filmati dell’accaduto siano stati postati sui social”.
Sembra, però, che dei video sull’accaduto siano stati effettivamente pubblicati su Instagram e abbiano anche fatto un “giro” sulle chat di Whatsapp, ma rimossi quasi subito dopo la pubblicazione, probabilmente dopo che gli autori della violenza e i loro compagni si sono accorti che il caso avrebbe potuto “esplodere”.
“La scuola, gli insegnanti e noi – si legge nel documento emesso dai genitori – siamo immediatamente intervenuti nei confronti dei nostri ragazzi, perché è sicuramente grave mancare di rispetto ad un’insegnante, ancor più se incapace di difendersi, e sono stati presi provvedimenti disciplinari adeguati alle azioni commesse. Provvedimenti che i ragazzi hanno affrontato con responsabilità avendo compreso il loro comportamento non corretto, affrontando comunque derisioni ed umiliazioni da parte degli altri alunni dell’istituto. Noi genitori ci siamo schierati al fianco degli insegnanti con lo scopo di far comprendere ai ragazzi i reali valori del vivere comune ed il rispetto fondamentale degli altri”.
La stessa interpretazione è del preside della scuola piemontese: anche lui nega che i ragazzi abbiano legato l’insegnante. Ammette, però, che la donna sia stata derisa e qualche allievo ha registrato un video della scena, cancellandolo dopo. “E’ successo – spiega – l’8 febbraio scorso, quando una supplente, disabile, si trovava a fare lezione in una classe prima sempre considerata una buona classe. Quel giorno era da sola, anche se normalmente – considerate anche le sue condizioni – era affiancata, per mia decisione, da un’altra insegnante”.
“Particolarmente timida e un po’ impacciata, ha chiesto ad alcuni ragazzi di scrivere alcune frasi alla lavagna. Ne hanno un po’ approfittato. C’è stata qualche risata di troppo e qualcuno le ha messo dello scotch nella borsetta dell’insegnante. Nessun l’ha legata e, tanto meno, presa a calci. Qualcuno poi ha ripreso con il cellulare mettendo in rete le immagini, le stesse poi tolte dai social”.
Il giorno dopo – ha spiegato il dirigente scolastico – i ragazzi e la docente sono stati convocati. “L’insegnante mi ha detto di averli perdonati”, mostrando “un atteggiamento quasi protettivo nei loro confronti”.
Tutta la classe è stata punita e “ha presentato una richiesta scritta di scuse al preside e alla professoressa. Per un mese, i 26 giovani, sorvegliati da un insegnante e un bidello – hanno eseguito lavoretti di restauro, svuotato i cestini dell’Aula Magna e svolto altre attività socialmente utili”.
La vicenda, quindi, sembra prendere una piega ben diversa da quella iniziale. In ogni caso, un punto rimane fermo: un gruppo di studenti si è preso gioco di una docente disabile, umiliandola. E mentre alcuni si facevano beffe della stessa docente, altri hanno ripreso l’accaduto e ‘postato’ su alcuni canali interattivi. Il resto, francamente non interessa più di tanto.
Il fatto che sia stata legata o meno, cambia la prospettiva qualora la prof dovesse decidere di avviare una causa civile o penale. Come comunicatori, invece, a noi basta e avanza quanto ammesso da genitori e dal dirigente scolastico: l’atto di derisione e il suo tentativo di divulgazione, quasi fosse un “trofeo” da mettere in bella mostra.
Ora, dire – come hanno fatto i genitori – che quei ragazzi sono stati “demonizzati ingiustamente” non ci trova d’accordo: pensare che uno o più giovani possano coalizzarsi contro un insegnante con delle difficoltà fisiche oggettive, rappresenta un atto estremamente grave. Significa non avere compreso minimamente quali sono i ruoli nella scuola, nella società civile. E che non si ha alcuna cognizione del rispetto che si deve portare verso chi sta dietro la cattedra.
E a proposito di ruolo, è bene che anche i genitori si limitino a svolgere il proprio: sarà infatti la scuola, a valutare se sono stati presi i “provvedimenti disciplinari adeguati alle azioni commesse”. Probabilmente, a fine anno scolastico.
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